“Aspettarsi che i problemi scompaiano è il nostro problema fondamentale. Non vogliamo porci di fronte alla vita così com’è […]. Facciamo a malapena un respiro senza volere che la vita sia diversa da com’è. Tale resistenza è alla base dell’esistenza umana. Per lo più, non abbiamo voglia di risvegliarci. […]
È indubbio che la resistenza sia uno degli aspetti più difficili della pratica. Le sue manifestazioni possono essere irresistibili e ci attacca in tanti modi diversi. Spesso, quando nella nostra pratica incontriamo tale difficoltà […], formuliamo giudizi a cui poi crediamo. Potremmo arrivare alla conclusione che siamo un disastro o che la pratica non funziona. […]
Quando fui finalmente pronto ad affrontare le mie paure, Joko Beck mi insegnò un espediente per la pratica che si dimostrò prezioso nel lavoro con le esperienze indesiderate. La tecnica consiste nel porsi la domanda: «Che cos’è questo?». Questa domanda in realtà è un koan, poiché non c’è modo di rispondere riflettendo sull’esperienza. La risposta può venire solo dall’esperienza effettiva. Di fatto, la risposta è l’esperienza del momento presente. […]
Che la resistenza si manifesti con la ricerca di distrazioni, col prendere le distanze, con le fantasticherie, la pianificazione o il sonno… che cos’è questo? Che cos’è che blocca la consapevolezza del momento presente? Dedicate un minuto, proprio ora, ad essere semplicemente qui. Domandatevi: «Che cos’è questo?». Come percepite la resistenza nel corpo? Qual è la sua essenza? Dov’è localizzata? Quali sono le sue caratteristiche? Ha una voce?
Ripetete la domanda: «Che cos’è questo?». Cercate di stare con l’esperienza. Se vi lasciate trasportare dai pensieri, tornate indietro e ripetete la domanda. Restate con la resistenza. Andate più a fondo. È il disagio fisico ciò a cui opponete resistenza? È il disagio emotivo? […]. Potete sviluppare la disponibilità a sperimentare il ‘che cos’è’ di tale esperienza?
Fintanto che non saremo disposti a sperimentare pienamente le resistenze nell’ambito di una consapevolezza più ampia, continueremo a dibatterci nella pratica. Forse potremo sviluppare la disponibilità a restare nelle resistenze solo dopo le infinite delusioni che ci avrà provocato il nostro opporre resistenza alla pratica. Solo allora saremo sufficientemente curiosi da fare della resistenza l’oggetto della pratica. […]
Abbracciare intenzionalmente tutto ciò che capita, non respingere l’indesiderato, è ciò che si intende per dire ‘sì’ alla vita. […] L’unica possibilità, per chi vive la vita della pratica, è persistere nell’includere tutta l’esperienza, poiché la sola altra opzione è continuare a respingere la vita, con tutta la sofferenza che ciò comporta”.
– Da: Essere zen – Ezra Bayda
– Ezra Bayda – Amazon
– Ezra Bayda – Macrolibrarsi
– https://en.wikipedia.org/wiki/Ezra_Bayda
– Fonte