Sedendoci immobili in una corretta postura del corpo (postura che ci permette di restare fermi perché ci sia tempo per l’esperienza di meditazione) il nostro respiro si acquieta; acquietandosi il respiro, la mente si acquieta; nella quiete di corpo-mente-respiro ecco che, in modo naturale e spontaneo, sorge l’attenzione serena che osserva e partecipa aperta alla non-separazione dai fenomeni di cui siamo parte integrante.
Questa apertura è compiuta con tutta la complessità globale di ciò che siamo, in modo unitario, con tutto l’essere e non più “solo la mente” o “solo il pensiero” o “solo l’intelletto” o “solo la ragione” … Questa esperienza di silenzio ci fa sperimentare la naturale realtà del corpo non separato da tutte le sue molteplici funzioni (fisiche e mentali, psicologiche, emotive, sensoriali, ecc.) e, soprattutto, permette di incontrare l’ego non più in una posizione così prevaricatrice, “egocentrica”, perché ci si apre al vasto spazio dove, flessibili, si fluisce insieme ai fenomeni, insieme alla vita che si manifesta al di là delle categorie, al di là di dentro/fuori/, ma che pulsa attraverso di noi fresca e nuova in ogni istante, in continua mobilità e cambiamento.
Il silenzio della parola, il silenzio dei gesti o del corpo, l’acquietarsi del continuo chiacchiericcio mentale, la pacificazione del respiro, la serena lucidità dell’attenzione che così manifesta l’autentica concentrazione – che è priva di tensione -, ci fanno allora comprendere che non siamo noi a “fare silenzio”, ma che esso è sempre presente ed appare chiaro quando si “smette di fare”, quando pacifichiamo il compulsivo bisogno volontaristico che ci trascina. Una volta compreso questo, si inizierà a meglio comprendere il silenzio di cui ora stiamo parlando: frequentandolo regolarmente, “l’attitudine al silenzio” che incontriamo seduti in zazen si espande attraverso noi e le nostre azioni influenzando serenamente il nostro quotidiano e l’ambiente attorno a noi; nel nostro modo di affrontare la vita, di vivere le nostre emozioni – e quelle altrui –, nel modo di interagire con i nostro limiti e difficoltà – e quelle altrui –, si apre una dimensione dove è spontaneo un maggiore spazio libero dove può circolare flessibilità, tolleranza, determinazione senza rigidità.
Questo permette un modo di essere serenamente attivi, di essere pronti a rispondere a tutte le situazioni che la vita ci propone continuamente, senza perdere di vista la necessità di ascoltare, la necessità di disporre di spazio libero in cui accogliere ed esprimere ciò che è qui e ora. Senza alcuna intenzione di fare del proselitismo, senza volere causare o cambiare o influenzare le scelte spirituali delle persone, i monaci zen – se e quando sono invitati a farlo – si rendono semplicemente disponibili a condividere la postura del silenzio, a praticare il silenzio di zazen insieme ogni volta che questo gli è richiesto.
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