Ecco quale fu l’esperienza del risveglio del Buddha: dopo sette anni di ascetismo portato agli estremi (digiunando, giacendo su letti di chiodi, dormendo su pietre appuntite e così via), avendo svolto tutte queste pratiche per spezzare l’egocentrismo, per acquisire il distacco e per annientare il proprio desiderio di vita, egli si rese conto della futilità di tutto ciò.
Un giorno Gautama interruppe la propria pratica e accettò una ciotola di latte da una bambina che stava governando le mucche. E improvvisamente, provando un acuto senso di tranquillità, andò a sedersi sotto un albero, e capì che tutto ciò che aveva fatto fino a quel momento seguiva un sentiero sbagliato. Non si può cavare sangue da una rapa. Nessuno sforzo sarà mai sufficiente a far diventare veramente altruista una persona che crede di essere un io individuale. Fintanto che si crede e si sente di essere racchiusi in un involucro di pelle, e che questo è tutto, non c’è assolutamente alcuna possibilità per comportarsi con altruismo.
Certo, si può imitare l’altruismo. Si possono attuare molte forme raffinate di altruismo, ma si resta comunque legati alla ruota del divenire dalle catene dorate delle buone azioni, proprio come le persone indiscutibilmente cattive vi restano legate dalle catene di ferro delle loro cattive azioni. Questo si manifesta in molti modi: dalle persone gravate da orgoglio spirituale che credono di possedere l’unico vero insegnamento, a quelle che sostengono di essere le più tolleranti, inclusive e accoglienti, il che rappresenta solo un gioco chiamato essere più tolleranti, inclusivi e accoglienti di chiunque altro. Un essere egocentrico è sempre vittima della propria trappola.
Il Buddha vide che tutte le sue pratiche yoga e le sue forme di ascetismo avevano rappresentato solo un modo per cercare di sottrarsi alla trappola per salvarsi la pelle, per trovare la pace interiore. Realizzò che quella è un’impresa impossibile, perché la motivazione che sta dietro a tutto invalida il progetto stesso. Il Buddha scoprì che non esisteva alcuna trappola a cui sottrarsi, eccetto se stesso: la trappola e l’intrappolato sono un’unica cosa. E quando lo si capisce, non sussiste più alcuna trappola. Quindi, in base a questa esperienza, formulò quello a cui diede il nome di dharma, il suo metodo.
[ Da: Alan Watts, “Lo zen e l’arte di imbrogliare la mente“ ]
– Alan W. Watts (macrolibrarsi)
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– https://it.wikipedia.org/wiki/Alan_Watts