Presso la filosofia Vedanta e successivamente nella scuola Yoga Induista, Brahman rappresenta l’aspetto di immutabilità, di infinito, di immanenza e di realtà trascendente, l’Origine Divina di tutti gli esseri. Viene considerato la sorgente, il substrato, la somma di tutto l’universo, che, limitato dal tempo, dallo spazio e dalla causalità origina dal puro essere, un’estensione dell'”Anima mundi”. Veniva così considerato come una sorta di super-sostanza dalla quale tutto ebbe inizio; L’Atharva Veda inizia con questi versi:
Tuttavia, dopo le prime Upanisad, le scritture Vedanta, che inizialmente servivano come commentari agli originali testi liturgici dei Veda, affermavano che il concetto di Brahman descriveva perfettamente la crescita della complessità nell’universo. Attorno al I millennio AC gli antichi scrittori delle Upanisad, consideravano Brahman, non solo come essere materiale, efficiente, causa di tutte le cose, ma anche una realtà immanente che andava oltre la materia, al di là dell’essere e del non-essere, rendendo così inadeguati sia la parola Dio che il concetto di monismo.
Si dice che Brahman non possa essere conosciuto, né che si possa diventare consapevoli “di” lui, in quanto Brahman è la nostra autentica consapevolezza. Brahman non è limitato dall’ordinario significato di esistenza; in questo senso, attraverso l’illuminazione, la moksha, lo yoga, il samadhi e il nirvana, non solo si arriva a conoscere Brahman, ma si realizza l’unione, e ci si rende così conto di essere sempre stati Brahman.