Tutti gli uomini pensano che vi sia qualcosa da portare a termine, qualcosa da capire, un luogo da raggiungere. Proprio questa illusione, prodotta dal fatto di possedere una mente umana, è il problema. In realtà la vita è semplice. Attimo dopo attimo noi udiamo, vediamo, odoriamo, tocchiamo e pensiamo. C’è un flusso di impulsi sensoriali, li interpretiamo, e tutto appare.
Se fossimo immersi nella vita ci sarebbero semplicemente il vedere, l’udire, l’odorare, il toccare e il pensare (escluso il pensiero egoistico). Allora non vi sarebbe, né potrebbe esserci, nessun problema. Siamo appunto la vita. C’è la vita in cui siamo immersi, senza più separazione. Siamo la vita perché esprimiamo ciò che la vita è: udire, pensare, vedere, odorare e così via. Immersi nella vita non c’è alcun problema, la vita scorre. Né resta nulla da capire: se siamo la vita, non abbiamo domande al suo riguardo. Ma, poiché non viviamo così, siamo pieni di domande.
Se non siamo incastrati nei nostri guai personali, la vita diventa un’unica totalità in cui siamo talmente infusi che non possono esserci problemi. Ma talvolta non riusciamo a percepire l’unione perché, anche se la vita è semplicemente la vita, quando sembra minacciare le nostre idee personali, ci turbiamo e ce ne allontaniamo. Succede qualcosa che non ci piace, ci fanno qualcosa che non vogliamo, il nostro compagno non è come desideriamo. Le cose capaci di turbare l’essere umano sono milioni. Nascono da una frattura per cui la vita smette di essere semplicemente la vita (vedere, udire, toccare, odorare, pensare); ci dissociamo dal tutto indiviso perché ci sentiamo minacciati. La vita si sposta laggiù mentre io sono qua e ci penso sopra. Non costituisco più un tutt’uno con la vita; laggiù si è prodotto un evento spiacevole e io, qua, ci penso per trovare una via di fuga dalla mia sofferenza.
Abbiamo creato una separazione: la vita di là e io di qua. Equivale alla cacciata biblica dal paradiso terrestre, che simboleggia l’unità naturale della vita. Ma, di tanto in tanto, lo incontriamo di nuovo. Può succedere che, dopo una sesshin, l’unità della vita sia ovvia, e per qualche giorno percepiamo la sua non problematicità.
Per la maggior parte del tempo, invece, culliamo l’illusione che ci sia, dall’altra parte, la vita che sottopone un problema a noi, da quest’altra parte. L’unità indivisibile è spezzata (o almeno, così sembra). Siamo divorati dalle domande: “Chi sono io? Cos’è la vita? Come sistemare le cose per stare meglio?”. Sembriamo circondati da persone e situazioni che dobbiamo controllare e rimettere a posto poiché ce ne sentiamo separati. Analizzare la vita, rifletterci, interrogarci e preoccuparci su di essa, tentare di essere uno con essa, sono soluzioni artificiali. In realtà, da sempre, non c’è nulla che debba essere risolto. Non vediamo la perfezione dell’unità perché il senso di separazione la nasconde. Perfetta, la nostra vita? Chi mai lo crederebbe!
[ Da: Charlotte Joko Beck, “Zen quotidiano“ ]
– Charlotte Joko Beck (macrolibrarsi)
– Charlotte Joko Beck (amazon)
– https://en.wikipedia.org/wiki/Joko_Beck