[ Segue dalla prima parte ] D: Se ho ben compreso, la spiritualità è un’illusione?
R: E’ un concetto. Ciò che la gente vi proietta, a sei anni lo proiettava nel suo gruppo di scouts, a dieci anni nella squadra di calcio, a venti nella politica, a trenta nel matrimonio. Quella mancanza che si è cercato di compensare con una bambola, un trenino elettrico, un bel voto a scuola, un matrimonio, un figlio, la si proietta dopo nella spiritualità… E’ un polpettone di tutte le nostre paure. Secondo la forma delle nostre ansie, ci si trova attirati da un certo tipo di spiritualità. Quando si è là, bisogna rispettarlo come il resto, ma non è niente altro che la nostra propria paura.
La vera spiritualità è un ringraziamento. Maitre Eckart fa una differenza tra la vera preghiera che è una preghiera del cuore, una celebrazione del compimento divino, e la preghiera che viene da una mancanza, che cerca di domandare una correzione. Non è più una preghiera, ma una forma di accesso. La vera preghiera è un ringraziamento. La vera spiritualità è un non-dinamismo che dà disponibilità a ogni istante. Quando il cancro, la malattia, la nascita, l’emozione vengono: essere disponibile: là si trova la profondità. Volersi liberare da tutti i propri problemi per diventare spirituali, per diventare, perché no, un budda, ecc. è l’espressione della paura. Ogni regola, ogni sapere non vengono che dalla paura. Non si può codificare l’intangibile. Gli scouts, la politica, la spiritualità, il figlio, la squadra i rugby hanno il loro posto, sennò questo non esisterebbe. Viene un momento in cui non avete più bisogno di andare a cercare nelle diverse correnti della vita.
Siete voi che rischiarate la spiritualità, e non il contrario. E’ la vostra chiarezza che vi fa comprendere profondamente cos’è la politica, avere un figlio, la violenza, la malattia, il buddismo, l’islam. La vostra chiarezza rischiara tutto questo. Volersi cercare, tentare di trovarsi nella spiritualità è una forma di confusione, di limite.
D: Quella chiarezza è la spiritualità, no?
R: Certo, ma là non ci sono più parole, né direzione, né sapere e soprattutto nessuna persona spirituale. Resta solo una non separazione. Non ci sono più scuole, linee direttrici, insegnamento. L’importanza per noi è ricordare questa evidenza, che non c’è niente da comprendere, niente da imparare. Non ho bisogno di creare degli utensili per affrontare la vita. Inutile inventare mezzi di difesa o di adattamento per far fronte alle situazioni. Guardate onestamente ciò che c’è, ciò che suscita in me la paura, l’ansia, la pretesa, la difesa.
Chiaramente accetto le mie pretese, i miei limiti. Questi limiti riflettono il non-limite. Occorre vivere la mediocrità, essa rivela ciò che è l’ultimo in noi. Quando rifiuto la mediocrità, quando immagino e proietto un inferiore o un superiore, delle cose spirituali che dovrebbero liberarmi dalla vita quotidiana, là, sono completamente in un immaginario. E’ una forma di psicosi. La mediocrità è l’essenziale. La mediocrità in rapporto a dei concetti, ma è primordiale!
Funzionare giornalmente: mangiare, dormire, amare, vedere, sentire, guardare. Niente da dipendere, da affermare, da sapere, non ho bisogno di niente per intuire ciò che è essenziale. Inutile cambiare qualcosa in me. Certe scoperte vano fatte e dimenticate nell’istante. Per l’ego, per la persona, è una forma di terrore. L’ego vuole diventare spirituale, meditare, liberarsi. Bisogna uscire da qui come un cane che ha visto un osso, al quale lo si leva quando chiude la bocca. E’ quella sensazione là che bisogna sorvegliare, prima che diventi una frustrazione, la sensazione della bocca vuota. E’ prima di tutto una non-conclusione è questo l’essenziale.
– 3ème Millénarie n. 64 – Traduzione della Dr.ssa Luciana Scalabrini
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