Per colui che non comunica con la realtà, tutto è illusorio, tutto prende una forma prestabilita che l’ego fissa e appesantisce. Da questa illusione che gli esseri egotici chiamano realtà nascono la sofferenza, la solitudine, la separazione.
Sono tutte queste impressioni che si riversano nell’inconscio, o parte oscura della coscienza del profondo, e sono questi echi che condizionano la ronda incessante dell’essere legato alle sfere dell’illusione, della dipendenza e del malessere.
Come sfuggire a questo ciclo? Attraverso la distensione totale e la presenza alla realtà, insegnano il buddhismo yoga-cara, il Chan, il Dzogchen ed il tantrismo. La coscienza, dice Asanga, è «ostacolata dalla vista dell’io, da qui la sua tensione agitata ed impotente. Vi si rimedia stabilizzando la coscienza nell’interiorità, ciò che riporta a stabilire la coscienza nella coscienza stessa».
È quindi semplicemente attraverso il rilascio di ciò che Asanga chiama «la massa di tensione» del pensiero differenziatore che possiamo accedere allo stato di pace del corpo-mente. […]
Il rilassamento permette alla coscienza immacolata di emergere, la presenza nell’azione permette a questa stessa coscienza di spiegarsi verso il mondo, di toccarlo profondamente e di lasciarlo tornare alla fonte del Cuore dove ogni percezione ritrova freschezza e fremito.
Allora «il rilassamento del corpo e quello del Cuore che non cessa di aumentare gli permettono di ottenere una base fondamentale… essendo il suo corpo e la sua coscienza ammorbiditi al massimo livello… Avendo compreso che il mondo è soltanto tendenze latenti, privo di sé e semplice embrione del dolore, egli elimina questa visione del sé che non tende al bene degli esseri e prende come rifugio la grande visione del Sé di grande profitto perché questa visione è giunta alla uguale coscienza di sé e dell’altro, essendosi l’insieme degli esseri sostituito all’io, essa è la fonte dell’attività disinteressata del Bodhisattva in favore di tutti», dice Asanga in una delle meravigliose definizioni di ciò che è un Bodhisattva. […]
La presenza si stabilisce in modo sempre più solido e conduce a ciò che l’ultimo capitolo del colossale Avatamsaka sutra chiama: l’entrata nel regno della Realtà.
Il saggio è allora capace di agire con la velocità della folgore poiché il pensiero dualizzante non lo paralizza più. I suoi atti sono istantanei e portatori di luce, è ciò che si definisce il non agire.
(Da: Daniel Odier – Desideri, passioni & spiritualità: L’unità dell’essere)
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