La pratica “Io sono consapevolezza amorevole” del primo capitolo – di “Essere Amore” di Ram Dass – è un mantra, che in Occidente potremmo chiamare “preghiera” o “affermazione”.
I mantra funzionano in tanti modi diversi. Un tipo di mantra porta la mente concettuale a entrare in uno spazio nuovo, in questo caso dissolvendo la mente nel cuore, ricordandoci di vedere tutto come amore. Il mantra tibetano “om mane padme hum” funziona così. Se lo ripetiamo, la mente s’immerge nel cuore. Ripetere un mantra è una pratica in cui più è meglio. La ripetizione porta a risultati migliori.
Altri mantra si basano invece unicamente sulla vibrazione e utilizzano sillabe come om, che si riverberano a diversi livelli di consapevolezza.
Ràm o Rama è uno dei nomi di Dio nella religione induista ed è un mantra che unisce la potenza vibrazionale, a quella concettuale. Possiamo canalizzare il nostro desiderio di Dio attraverso la pratica Ram Nam, in cui recitiamo o cantiamo il nome di Rama più volte, fino a quando entriamo in contatto con l’anima e ci apriamo all’unità. Creiamo un campo vibrazionale che parte dal cuore e alla fine diventa l’Universo e ci porta nell’Uno. Apriamo una porta che consente alla grazia di entrare.
Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Rdm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm.
Quando agisco nel mondo esterno, che è governato dalle logiche di mercato, in silenzio faccio scorrere tra le dita i granelli di una mala e ripeto Ram, Ram, Ram. Se mi guardo intorno vedo che ogni cosa è Rama, vedo che tutto è Uno. Ram-izzo ogni situazione in cui mi trovo: la riporto al campo vibrazionale di Rama. E così sono in opera due piani di coscienza.
Faccio scorrere tra le dita i grani della mala nel negozio di alimentari e gli esseri intorno a me interpretano i loro ruoli di clienti o di commessi, però li vedo anche come anime. Dal momento che io sono nella mia anima, riesco a vedere anche le loro anime. Se riusciamo a essere un’anima, a identificarci con la nostra anima, allora potremo vedere gli altri esseri come anime.
Maharaj-ji ci ha introdotto alla conoscenza dell’anima. Il guru vive al livello dell’anima e questo crea una vibrazione empatica con le altre anime.
Ecco come possiamo realmente servire Dio: avvicinando gli altri alla loro anima.
Il mantra Ram opera contemporaneamente sul piano vibrazionale e anche sul piano concettuale. Se ripetiamo questo mantra, entriamo nel campo vibrazionale del nome divino. La devozione a Rama ci apre allo spazio del cuore di Rama. I molti livelli dei racconti e il simbolismo correlato a Rama che troviamo nel Ramayana arricchiscono la devozione degli induisti. Il Ramayana è la Bibbia dell’India settentrionale.
Per esempio, nel Ramayana, Hanuman, il dio scimmia, impersona il servizio e la devozione portando l’anello di Rama (che rappresenta l’amore divino) a Sita, moglie di Rama (l’anima), che era stata rapita da Ravana, un demone con dieci teste che raffigura il potere dell’ego che impazza fuori controllo nel mondo dei sensi. Sita, nello Sri Lanka, canta per sopportare la separazione ed è molto felice di ricevere un segno dell’amore divino da Hanuman, nella nera notte dell’anima. Tutti questi pensieri ed emozioni sono parte di Rdm Rdm Rdm Rdm Ràm Ràm Ràm Ràm Ràm.
Il nome che mi ha dato Maharaj-ji, Ram Dass, significa “servo di Rama”, che è un altro nome di Hanuman. Quindi il mio nome viene da Hanuman e mi ricorda costantemente il monito di Maharaj-ji, che ripete di continuo: “Ama tutti e servi tutti!” Mi ricorda che è importante pensare sempre a come posso essere d’aiuto.
Diventare uno
Preghiere più complesse, come i quaranta versetti in lingua hindi dell’invocazione Hanuman Chalisa (chalis significa “quaranta” in hindi), combinano le dimensioni concettuali e vibrazionali in un intricato mosaico. La lunga preghiera che descrive le prodezze di Hanuman presenta la storia con una grande ricchezza emotiva e vibrazionale ed è in grado di portarmi in presenza di Hanuman. È anche una preghiera per Hanuman con cui chiedo al dio di stare con me, di aiutarmi e di proteggermi.
La cantavamo a Maharaj-ji in India e quei versi evocano un ricordo che mi porta ancora da lui. Non è importante che siamo in grado di capire le parole in hindi, se cantiamo desiderando Dio saremo nel momento e riusciremo ad aprire la porta vibrazionale. Ecco che cosa fa un mantra.
Quando ho ascoltato per la prima volta \Hanuman Chalisa in India, non riuscivo a immaginare che potesse essere cantata in Occidente. Adesso migliaia di persone hanno imparato a cantarla, anche in Occidente. Mi meraviglia accorgermi di quante persone si siano impegnate per impararla a memoria. Il Chalisa ci apre a Hanuman, che apre la porta a Rama, cioè a Dio.
La musica ha la capacità unica di convogliare le emozioni e, se unita alla qualità vibrazionale di un mantra, non c’è niente che la eguagli nel superare la mente e nell’aprire una strada diretta verso il cuore. Nel Ramayana si dice che cantare il nome di Rama sia più potente che la presenza dello stesso Dio, perché ha la capacità di portarci a Rama, non il personaggio del Ramayana ma a Rama, in quanto stato dell’essere, cioè Dio.
Il kirtan, ossia il canto dei nomi induisti di Dio, Rama e Krishna, e della dea madre Durga, era una delle poche cose che potevamo fare per Maharaj-ji. Egli amava sentirci cantare, nonostante la nostra resa musicalmente maldestra. Per noi era un modo di esprimere il desiderio e l’amore per Dio, aprendo una dimensione di dolcezza che continua a essere presente ogni volta che ci riuniamo per cantare il Nome.
Non è necessario cantare in gruppo. Non è necessario nemmeno essere intonati. Le parole sono semplici: è lo stesso Nome che si ripete tantissime volte. È sufficiente sedersi e cantare lodi a Dio. È bello dedicare al kirtan un momento particolare della giornata, ma possiamo anche cantare mentre facciamo la lavatrice, oppure siamo alla guida, e cosi ci ricorderemo dell’altra vita nello spazio del cuore, come anima. Questa semplice pratica ci aprirà l’orizzonte dell’anima.
Krishna Das, che Maharaj-ji aveva mandato a Kainchi perché cantasse con i kirtan tvallah (persone che guidano un gruppo che canta il kirtan) dice:
Le parole di questi canti sono chiamate “nomi divini” e provengono da un luogo, nel cuore, molto più profondo dei pensieri e della mente. Così, mentre le cantiamo, ci portano a rivolgerci verso di noi, verso l’interno. Ci portano all’interno e mentre ci offriamo nell’esperienza, l’esperienza ci cambia. Questi canti non hanno altro significato se non l’esperienza che viviamo mentre cantiamo. Provengono dalla tradizione induista, ma non è necessario essere induisti o credere in qualcosa di particolare in anticipo. Si tratta semplicemente di cantare e di vivere l’esperienza. Niente cui aderire, semplicemente sedersi e cantare.
Secondo la spiritualità indiana, questo nostro tempo sulla Terra è chiamato Kali Yuga o età del Ferro, a proposito della quale il Ramayana di Tulsi Das dice:
Nell’età di Kali né le pratiche yogiche, né i sacrifìci rituali, né la saggezza spirituale offrono qualche vantaggio; l’unica speranza risiede nell’intonare canti e preghiere a Sri Ram […]. La forza del Nome è quindi manifesta nell’era di Kali.
(Da “Essere Amore” di Ram Dass)
– Ram Dass (amazon)
– Ram Dass (macrolibrarsi)
– Richard Alpert, meglio conosciuto come Ram Dass (it.wikipedia)
– Fonte