Ajati Vada è, letteralmente, la dottrina della “non nascita”, per cui Maya non possiede alcuna realtà in sé, mentre brahman è l’unica realtà; nel linguaggio filosofico, Ajativada sta a designare la posizione che nega qualsiasi creazione.
Sebbene inizialmente si possa indicare Brahman come la base ontologica dell’universo percepito, l’Advaita afferma che tale ricerca di un’origine del cosmo è del tutto futile, per quanto concerne la Realizzazione del Sé (Moksa). Se si afferma che l’Atman è completamente identico al Brahman, quindi si deve conoscere innanzitutto l’Atman, mentre le teorie sulla creazione possono attendere. Fino a che non è giunto a questo punto di comprensione, il ricercatore si trova coinvolto nella conoscenza dei fenomeni esterni, che percepisce attraverso i sensi. L’identità, espressa nelle Upanisad, tra Atman e Brahman, schiude un mondo ben più affascinante che non è veduto dagli occhi, né udito dagli orecchi, né percepito dal tatto. Ed è questa ricerca interiore a permettere al sadhaka (ricercatore) di acquisire la conoscenza (jnana) per negare a Maya qualsiasi carattere di realtà.
In tale prospettiva, il Brahman, che è stato compreso precedentemente come dotato di attributi, diviene conosciuto nella sua essenza quale Nirguna (privo di attributi). Tale natura essenziale di Brahman è descritta come “svarUpa-lakshaNa”. Quando Brahman è compreso quale Nirguna, privo di qualsiasi attributo, Maya scompare completamente. Anche l’universo, di conseguenza, scompare. Questo è il concetto più difficile da accettare e da comprendere per chiunque, poiché i sensi costantemente sembrano rimandare la presenza dell’universo. Occorre precisare che la comprensione dell’identità di atman e Brahman avviene unicamente nello stato detto Turya, il quarto stato di coscienza, ulteriore a jagat (la veglia), svapa (il sogno) e sususpti (sonno profondo). Come ci ricorda la Mandukya Upanisad, Turya è adRshTam (invisibile), avyavahAryam (senza relazione), agrAhyam (inafferrabile), alakshaNam (senza attributi), acintyam (non pensabile), avyapadeSyam (non indicabile come oggetto), ekAtma-pratyaya-sAram (essenza della cognizione dell’unità dell’Atman), prapancopaSamam (quello in cui l’universo intero si risolve), SAntam (pacifico), Sivam (benevolo), advaitam (non-duale).
Per quanto riguarda la teoria della creazione, gli aggettivi più importanti impiegati nella Mandukya sono: prapancopaSamam – quello in cui l’universo intero si risolve, e ekAtma-pratyaya-sAram – essenza della cognizione dell’unità dell’Atman. Queste parole indicano che nello stato di Turlya l’erronea identificazione tra Antman e anAtman cessa di esistere, e non vi è più un mondo esterno percepito come separato dal “sé”. Non esiste neppure il “sè” di cui è stato discusso, e il mondo esterno ad un “sé” interiore non è più esistente. Solo l’Uno-Atman rimane. Solo a questo punto ha senso parlare di ajati.
Il termine prapancopaSamam indica che il mondo-in-sé non esiste, poiché è come se questo fosse visto precedentemente quale esterno al “sé”, fino a quando il “sé” è stato erroneamente identificato con oggetti diversi dall’atman, che ora è invece risolto nell’Uno-Atman, la sola e unica Realtà.
La stessa idea è menzionata nella Brhadaranyaka Upanisad […]. Nello stato di non-dualità, l’Uno-Atman è l’intero universo; niente altro vi è che l’atman, dunque non è possibile parlare di un mondo esterno. Le domande poste nella Brhadaranyaka indicano che non vi è possibilità di operare, in questo stato, per i sensi della vista, dell’udito, dell’olfatto, ecc, da cui la domanda che ne deriva: Chi può conoscere il conoscitore? Il conoscitore conosce sé stesso immediatamente e non sussiste distinzione ulteriore tra conoscitore, conoscenza e oggetto conosciuto. […]
Se la domanda intorno alla creazione neppure sorge, quando sia conosciuta l’identità di Atamn e Brahman, ne consegue che nulla nasce e nulla muore. Questo è Ajativada. L’Atman è eterno, non nato e immortale, senza divisioni. E se la creazione (prapanca) si è risolta (upasanam) entro l’ Uno-Atman, prapanca può essere descritto come non-creato. Questo è Paramartha. Ritornando a Vyavahara (realtà empirica) si rientra in Jagrat , svapna e susupti, ma la conoscenza acquisita nello stato di Turlya permane e le precedenti visioni di manifestazione (sRshTi-dRshTi) perdono di significato.
Ciò nonostante, è d’uso tradizionale sostenere provvisoriamente la creazione spiegandola in termini di sRshTi-dRshTi vAda (manifestazione graduale, gradi di realtà), per far seguire le argomentazioni dell’Ajativada che negano che la creazione sia un evento che abbia avuto luogo in un momento nel tempo. Questo approccio segue il metodo dell’adhyAropa-apavAda (sovrapposizione e rimozione) ed è strettamnete collegato all’approccio vyavahAra e paramArtha per conseguire la conoscenza della Realtà.
Nella misura in cui si perviene a conoscere paramArtha come unica Realtà, si sostiene l’Ajati. Il metodo dell’sRshTi-dRshTi è accettato unicamente a favore di chi può avvalersi solo di una conoscenza empirica (vyAvahArica), ma necessita di essere trasceso, insieme al resto della percezione sensibile, per il conseguimento della Moksa.
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(Tradotto e adattato da advaita-vedanta.org)
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– Fonte
– Vedere anche: Gaudapada