La consapevolezza che la gentilezza e in generale i sentimenti positivi di umanità e compassione svolgono un ruolo nel migliorare la salute è diffusa già da molti anni nel mondo scientifico, ma solo in tempi più recenti si è cominciato a impiegare queste risorse attivamente, con risultati molto significativi e incoraggianti.
Nei centri di ricerca sul cancro più avanzati del mondo sono stati adottati dei protocolli di supporto psicologico ai pazienti e alle loro famiglie incentrati proprio sulla gentilezza come veicolo di vicinanza umana alle persone che affrontano la malattia.
Si è visto nel tempo che la gentilezza è un potente strumento in grado di disinnescare le emozioni negative associate alle diagnosi di cancro e al percorso delle terapie, contribuendo in alcuni casi a migliorare la risposta ai trattamenti.
Sulla base di una lunga esperienza nella ricerca e nella cura di queste malattie, scienziati provenienti da istituti diversi hanno delineato sei modalità di impiego della gentilezza nel trattamento del cancro, attivando protocolli che coinvolgono pazienti, famiglie e operatori sanitari.
Interventi basati sulla gentilezza sono stati sperimentati con successo anche nel campo delle malattie cardiovascolari. Le emozioni, innescando meccanismi di stress che influenzano il battito cardiaco e la pressione sanguigna, hanno una correlazione molto forte con questa categoria di disturbi, e la possibilità di prevenirli o migliorare le condizioni di chi già ne è affetto attraverso l’impiego di sentimenti positivi è stata un’importante intuizione della scienza.
Negli anni le conferme si sono moltiplicate, dandoci oggi la possibilità di considerare la gentilezza, insieme alla gratitudine, all’altruismo e all’empatia, come strumenti di difesa della nostra salute.
Uno studio condotto dall’Università di Harvard nel 2011 ha osservato gli effetti di un intervento di “psicologia positiva” su pazienti ospedalizzati per malattie cardiovascolari, in particolare sindrome coronarica acuta e insufficienza cardiaca.
Il protocollo d’intervento, durato otto settimane, prevedeva tre categorie di esercizi basati su gentilezza, ottimismo e gratitudine. Al termine dell’esperimento si sono registrati segnali di miglioramento nelle condizioni cliniche dei soggetti osservati, nonostante la brevità dell’intervento e la serietà della loro malattia.
In quest’ottica, sono stati condotti ulteriori studi per verificare la possibilità di impiegare la gentilezza come fattore di prevenzione delle malattie cardiovascolari e non solo come supporto alle cure dopo l’insorgenza di una patologia.
Un team di ricercatori provenienti da diverse università statunitensi ha analizzato questo possibile legame in una popolazione composta da ispanoamericani, statisticamente soggetti a un più alto rischio di eventi cardiovascolari rispetto agli individui di discendenza europea e ritenuti per questo bisognosi di un programma di interventi mirato. In particolare si è osservata l’ipertensione come indicatore di rischio, messa in relazione con i possibili effetti di un intervento di psicologia positiva.
I ricercatori hanno attivato un protocollo di interventi attraverso terapisti e operatori sociali durato otto settimane per una media di 90-120 minuti a settimana, osservando come cambiava il dato della pressione sanguigna ma anche altri indicatori quali il benessere emotivo, la serenità psicologica, l’adozione di comportamenti salutari, la presenza di marcatori d’infiammazione.
Al termine del programma, che comprendeva esercizi come riconsiderare eventi che provocano stress, compiere atti di gentilezza, esprimere gratitudine, i soggetti ipertesi presentavano livelli più bassi di pressione sanguigna e rispondevano positivamente a vari indicatori di benessere psicologico ed emotivo.
Tecniche basate su atti di gentilezza sono state usate anche come supporto alle terapie comportamentali per le persone affette da fobia sociale, un tipo di ansia che impedisce di stabilire normali relazioni sociali o affrontare certi tipi di contesti in cui è necessaria l’interazione con gli altri.
Uno studio canadese del 2015 ha analizzato una popolazione di 146 studenti universitari affetti dal disturbo, ai quali è stato sottoposto un questionario per misurare il livello di ansia sociale esperito. Le domande riguardavano l’aspetto cognitivo (ad esempio: “Mi preoccupa esprimermi per paura di apparire imbarazzante”), quello affettivo (“Mi rende nervoso avere a che fare con persone che non conosco bene”) e quello comportamentale (“Ho difficoltà a mantenere il contatto visivo con gli altri”), per stabilire il punto di partenza di ciascuno.
Ai partecipanti è stato chiesto di praticare almeno tre atti di gentilezza due giorni a settimana per un periodo di quattro settimane, definendo gli atti di gentilezza come azioni compiute a beneficio di qualcun altro senza vantaggio per sé, ma al contrario assumendosi un costo.
Alcuni esempi degli atti compiuti dai partecipanti allo studio sono stati preparare la cena per un coinquilino, falciare il prato di un vicino di casa o donare una somma in beneficenza. I soggetti sono poi stati esposti a situazioni sociali che provocano ansia, nella misura di tre al giorno per due giorni a settimana per quattro settimane.
Osservando tutti i dati raccolti, i ricercatori hanno concluso che praticare atti di gentilezza può portare a una significativa riduzione dei livelli di fobia sociale – più nello specifico abbassando il numero di occasioni in cui la persona evita una situazione per paura di provare ansia – ed è un fenomeno che permane nel tempo.
I livelli di ansia percepita sono anch’essi ridotti e questo risultato, grazie al ruolo svolto dalla gentilezza, viene raggiunto a una velocità sensibilmente maggiore rispetto alla tecnica della sola esposizione, in cui il soggetto ansioso viene invitato a immergersi in una situazione che gli crea disagio e sopportare il picco di ansia fino a che questo non decresce naturalmente.
Le reazioni positive ricevute in conseguenza di un atto di gentilezza spingono la persona a non sentire più con la stessa intensità il bisogno di evitare situazioni sociali o aspettarsi solo conseguenze negative dall’interazione con gli altri.
Focalizzarsi sul bene di qualcun altro in modo disinteressato sembra dunque avere un forte impatto sui nostri meccanismi di equilibrio emotivo, il che ne fa un potente strumento di benessere, in grado di migliorare il rapporto con gli altri e la nostra stessa salute.
Gentilezza ovunque. Anche nel silenzio. Tra le note dell’esistenza.
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