Che la coscienza sia un fenomeno complesso di difficile soluzione sul piano strettamente scientifico non lo scopro certo io, è materia di studio che richiede l’interdisciplinarietà di diversi settori, dalla filosofia alla psicologia, dalla medicina alla psichiatria, ma anche di una scienza esatta come la fisica. Senza dubbio è un fenomeno soggettivo che ognuno può interpretare come vuole, ma che non può in alcun modo essere negato perché è davvero una riserva inesauribile di sensazioni, emozioni, intuizioni, ispirazioni, attraverso cui ciascuno è in grado di discernere il bene dal male, il vero dal falso, ma soprattutto – ciascuno grazie ad essa – trova in sé le potenzialità per costruirsi una realtà scevra dai condizionamenti, dalle credenze limitanti, dai pregiudizi, dalle manipolazioni – vere o presunte – di chi controlla i nostri modelli mentali.
In ogni caso sono troppe le evidenze grazie alle quali la coscienza non può essere considerata come una semplice manifestazione della neocorteccia cerebrale. Anzi, quelle stesse evidenze dimostrano come essa – lo afferma il fisico Luigi Maximilian Caligiuri – sia caratterizzata da un’esistenza propria, con tutta probabilità attinente a un livello più profondo di realtà e sia in grado di interagire con la materia. Ciò è indicativo di come la coscienza potrebbe avere, essa stessa, una connotazione materiale, ma di quale tipo di materia possa trattarsi e a quale dinamica essa risponde sono interrogativi tutt’altro che semplici cui rispondere.
Nonostante ciò sono molti i ricercatori che hanno tentato di dare una risposta alla natura della coscienza. Per essi, a cominciare dal neurofisiologo John Ackles, coscienza e mente sono la stessa cosa, comunque differenziata dal cervello. In altre parole, abbiamo la mente, una struttura fisica ancora sconosciuta, e il cervello che è il compito di garantire ed espletare le attività fisiologiche necessarie alla vita dell’organismo cosciente.
Nel 1967, ci dice Caligiuri, un matematico inglese [ … ] ha proposto un modello fisico della mente secondo cui la materia pensante risulterebbe costituita da un sistema complesso composto di unità quantistiche elementari denominate psitroni, ovvero particelle simili ai tachioni, aventi massa propria immaginaria e di conseguenza caratterizzate da una velocità superiore a quella della luce nel vuoto.
Di grande fascino è poi è stata la teoria olografica di Karl Pribram. Secondo lo psichiatra austriaco il cervello funziona in maniera olografica grazie alla presenza di cellule specializzate. Pribram ipotizzò, nel 1960, che le informazioni non risiedessero nei neuroni o in reti neurali, ma nell’intreccio degli impulsi elettrici cerebrali lungo la superficie del cervello. L’esempio che fa è quello dell’ologramma creato allo stesso modo dall’intreccio di raggi laser. Una spiegazione agevole se si considera sia la mole di informazioni che un cervello umano è in grado d’immagazzinare [ … ] [ segue nel filmato ]
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