Una santa indiana (yoghin) era, nella sua vita, costantemente immersa nel Canto di Dio, che lei continuava a “disseppellire” da ogni anfratto della vita formale.
Vedeva le cose tutte “galleggiare” su Dio.
E l’erba, lo sguardo di una mamma, il braccio arpionante di un assassino, il cielo stellato, il calore del sole, le parole degli uomini, tutto cio’ traeva – davanti al suo occhio ispirato – vita primordiale e alito di sopravvivenza dalla Vibrazione Radicale soggiacente: l’Uno.
Un giorno, la yoghin stava attraversando una folta foresta. Quando, qualcuno, le disse che, poco distante, vi era l’ashram di un “santo guru”, che vi si era ritirato, per insegnare l’ultima verita’ ai suoi discepoli, immersi nella bellezza profondamente silenziosa di quegli alberi secolari.
La yoghin sobbalzo’ di gioia.
Qualcuno che l’avrebbe – ancora una volta – avvinta al suo Dio tanto amato!
E decise di andare a visitare il “santo guru”.
Cambio’ strada, percorse alcuni chilometri; e, da indicazione a indicazione, finalmente si trovo’ davanti alla porta di una grande costruzione in legno, dall’interno della quale sentiva provenire un coro di canti estatici.
Picchio’ varie volte, prima che le venisse aperto.
Un discepolo, dalla testa rasata ed in una veste arancione pallido, le chiese:
“Cosa vuoi, buona donna, a quest’ora?…”
“Sono una povera anima, incendiata dal desiderio, sempre piu’ vorace, di immergersi nell’Uno. Fatemi parlare con il vostro guru…..Fate in modo che la mia sete venga – almeno per qualche attimo – satollata e saziata …”
Il discepolo rimase, per un attimo perplesso. Ma, di fronte allo sguardo disperato e sacro della donna, egli cedette:
“Attendi, sorella….Vado ad annunciarti al nostro “venerabile maestro”…”
Passarono i minuti … Passarono le ore. …. Fino a che, a tarda notte, la porta torno’ a socchiudersi.
Questa volta, ad aprire fu un discepolo “anziano”.
Egli aveva la barba ed i capelli lunghi. Ed una collana al collo, da cui pendeva il simbolo dell'”AUM”
“… Buona donna, e’ meglio che tu torni da dove sei venuta. … Il nostro guru ti fa il grazioso dono di un suo venerabile messaggio. E porta a tua conoscenza che le “donne” non sono nate per la Grande Verita’. … L’assoluto e’ solo per gli uomini …”
La yoghin sorrise. Sorrise come fa la millenaria sfinge, con il suo segreto, cucito in petto.
E quel sorriso fece – per la prima volta – nascere un brivido, lungo la colonna vertebrale di quel discepolo anziano. Una colonna vertebrale resa ardente e svuotata, dalle centinania di esercizi quotidiani di uno yoga segretissimo.
“… Vi ringrazio, magnifico signore, dell’attenzione che date a questa umile femmina. … E benedico, con le mie piccole mani, il vostro guru. … Tuttavia, voglio che gli poniate – una volta che me ne saro’ andata via – solo una domanda:” Non e’, forse, Dio “l’unico maschio dell’universo”? …”
Narra la tradizione che quel guru facesse entrare la santa nell’ashram e le chiedesse di insegnare al posto suo …
(Il racconto è tratto dalla lista Sadhana, e ne è autore Guido Da Todi che prese spunto dagli scritti di Paramahansa Yogananda)
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