C’era una volta sull’Himalaya uno yogi che cercava la verità. Incurante dei beni terreni e dei piaceri celesti, tentava solo di evitare ogni illusione. Gli dèi, colpiti dall’ardore e dalla sincerità di quell’uomo, decisero di metterlo alla prova. Un dio si trasformò pertanto in un’incarnazione demoniaca e apparve sull’Himalaya, canterellando: “Tutto cambia, appare e scompare”.
Al risuonare di questo canto l’asceta di rallegrò. Felice come un assetato che trovi una fonte d’acqua, o come uno schiavo improvvisamente liberato, disse tra sé: “Finalmente, ecco l’autentico insegnamento che cercavo da un pezzo!”. Seguì la voce ed arrivò ben presto laddove si trovava un orrido demone. Sentendosi non proprio tranquillo, s’avvicinò comunque al demone e gli chiese: “Sei stato tu a cantare quel che ho appena udito? Se sì, continua, ti prego”. Il demone rispose: “Sì, ero proprio io. Ora, però, sono affamato: non posso cantare ancora se non mangio”. L’uomo lo supplicò di continuare la divina melodia: “Questo canto” disse, “ha per me un senso sacro che cercavo da tempo. Ma non ne ho sentito che una parte; ti prego, lasciami ascoltare il seguito!”. Il demone ripeté: “Ora sono affamato, ma se potrò gustare la carne d’un uomo e berne il sangue, terminerò il mio canto”. L’uomo, desideroso di conoscere il resto del canto, promise al demone di sacrificargli se stesso, una volta ascoltate le sublimi parole. Allora il demone intonò l’intero poema:
“Tutto cambia, appare e scompare. Andare al di là dell’essere e del non essere è la perfetta tranquillità”.
L’eco si spense. L’uomo scrisse il poema sulle rocce e sugli alberi attorno, poi s’arrampicò su un albero e si lasciò precipitare ai piedi del demone. Il demone, però era sparito: al suo posto c’era un dio radioso che accolse l’uomo incolume.