“Nella grande epica, nello Srimad Bhagavatam, c’è un racconto sul Santo Samika. Re Parikshit, il nipote di Arjuna, una volta uscì per una spedizione di caccia. Fu una caccia lunga ed estenuante, e alla fine il Re ebbe sete. Andò da solo a cercare un posto dove avere dell’acqua. Infine arrivò all’eremo del Santo Samika. Il Re assetato ed esausto entrò nell’eremo chiedendo acqua ad alta voce. Ma il Santo era in samadhi profondo, non consapevole di ciò che lo circondava. Quando il Re vide che Samika non rispondeva alle ripetute richieste d’acqua, divenne furioso. Si sentì profondamente insultato, e perdendo ogni forma di discernimento, prese un serpente morto con l’estremità dell’arco e lo avvolse al collo di Samika. Poi il Re se ne andò. Ma alcuni giovani amici di Sringi, il figlio di Samika, di otto anni, furono testimoni dell’azione del Re. Raccontarono l’avvenimento a Sringi, che stava giocando in un campo lì vicino. Quando il ragazzo apprese ciò che era successo, si infervorì di rabbia e lanciò una maledizione: ‘Chiunque sia la persona che ha osato compiere un tale gesto sacrilego nei riguardi del mio santo e puro padre, sarà morsicato dal terribile serpente Takshaka, fra sette giorni, e lì troverà la morte.’
Tenete presente che quel ragazzo aveva soltanto otto anni quando lanciò la maledizione. Ciò dimostra la straordinaria forza di volontà che i bambini avevano a quel tempo, quando andavano a vivere nelle gurukula. Quello era il potere del dharma.
Il Saggio uscì dallo stato del samadhi. Rimase attonito nel sentire della maledizione che era stata lanciata contro il Re. Quando venne a conoscenza del fatto che il Re gli aveva avvolto il serpente morto attorno al collo, il Saggio disse a suo figlio: ‘Hai maledetto il Re senza conoscere la verità. Il Re aveva sete ed era esausto. In quello stato di disperazione non poteva pensare a null’altro che all’acqua, e quando non riuscì ad averla, perse il controllo e mi mise il serpente al collo. Ma, soprattutto, egli è il Monarca. Anche se noi viviamo qui all’aperto, in questa foresta, anche noi siamo suoi sudditi. Lui ci protegge, è grazie a lui che siamo al sicuro e nessuno ci disturba. Inoltre, il Re è un gran devoto del Signore. Nel maledirlo, perderai la Grazia del Signore.’
Immediatamente si inginocchiò e pregò: ‘O Signore! Il mio piccolo figlio, per ignoranza, ha commesso un errore imperdonabile maledendo un monarca grande e giusto. Per favore rendi la maledizione inefficace e salva il Re dalla morte.’ Rimproverò il figlio e lo inviò al palazzo del Re per informarlo della maledizione e chiedergli di prendere le necessarie precauzioni per impedire che la maledizione si realizzasse.
La maledizione, naturalmente, non poteva essere annullata. Ma il Re Pariksit ebbe soltanto benefici dalla maledizione, in quanto essa gli consentì di incontrare il grande saggio Suka che gli raccontò le storie del Bhagawatam, e così Re Parikshit raggiunse la Moksha in sette giorni.
La storia mostra quanto Samika fosse altruista e pronto al perdono. Non fu affatto disturbato dalla mancanza di discriminazione, non si sentì insultato né ingiuriato in alcun modo. Un’espressione così bella e spontanea di perdono può venire soltanto dal cuore di un’anima altruista. Una volta che vi siete stabiliti nel Sè, siete senza ego, e sarete spontanemante altruisti.
Lo stato dell’altruismo è lo stato della più alta spontaneità, che nasce una volta che vi siete stabiliti nel Sé.”
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