Giufà, un giorno, era di passaggio in una piccola città nella quale era appena morto il Sacerdote. Gli abitanti, avendo scambiato il viaggiatore per un sant’uomo, gli domandano di pronunciare il sermone della Domenica. Egli sale sul pulpito e rivolge la parola al numeroso uditorio.
«Cari fratelli, sapete di cosa vi parlerò?»
«No, no», rispondono i fedeli, «non lo sappiamo».
«Come?» esclama Giufà in collera, «voi non sapete di cosa vi voglio parlare in questo luogo consacrato alla preghiera? Non ho niente da spartire con tali miscredenti».
E in un baleno scende dal pulpito e lascia la Chiesa.
Impressionati per questa scenata, che li rafforza nella loro convinzione che l’uomo sia di una grande religiosità, le persone si affrettano ad andare a richiamare Giufà e lo supplicano di ritornare a predicare. Allora, risale sul pulpito.
«Cari fratelli, sapete forse in questo momento di cosa vi voglio parlare?»
«Sì, sì», rispondono in coro i fedeli, «lo sappiamo!»
«Figli di cani!» tuona Giufà. «Per due volte mi importunate perché io prenda la parola, e poi pretendete di sapere quello che io voglio dire!»
Quindi abbandona di nuovo il posto, lasciandosi alle spalle l’uditorio stupefatto: che cosa dunque dovevano rispondere perché quel santo accettasse di diffondere la sua conoscenza?
Una delle persone dell’uditorio suggerisce che, se fosse posta di nuovo la domanda, gli uni gridassero: «Sì, sì, lo sappiamo!», e gli altri: «No, no, non lo sappiamo!» L’idea è pertanto accettata, e corrono a chiamare Giufà, che sale sul pulpito per la terza volta.
«Insomma cari fratelli, infine sapete di cosa vi voglio parlate?»
«Sì, sì», rispondono alcuni, «lo sappiamo!»
«No, no», gridano gli altri, «non lo sappiamo!»
«Finalmente», conclude Giufà. «In questo caso, coloro che lo sanno lo dicano agli altri».
George I. Gurdjieff
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– Aforismi di G. I. Gurdjieff (1869-1949)
– Georges Ivanovic Gurdjieff (wikipedia)