Lo sapete che la padronanza di se stessi – delle proprie emozioni così come delle reazioni che le molteplici vicende della vita potrebbero suscitare – e la compassione vanno di pari passo? In genere si crede che le persone più buone, quelle in sintonia con il proprio cuore come con quello altrui siano cedevoli … e invece siffatta armonia o, se preferite, corrispondenza, rafforza, consolida, fortifica. La perfezione è relativa, ma la prontezza di spirito nell’interagire è sempre rivelatrice: cogliere lo spirito altrui è centrare il proprio.
Encho era un famoso cantastorie. I suoi racconti d’amore commovevano chiunque li ascoltasse. Quando raccontava una storia di guerra, era come se gli ascoltatori si trovassero proprio sul campo di battaglia.
Un giorno Encho incontrò Yamaoka Tesshu, un laico che aveva quasi raggiunto la totale padronanza dello Zen. «Ho sentito» disse Yamaoka «che tu sei il più bravo cantastorie del nostro paese e fai piangere e ridere la gente a tuo piacimento. Raccontami la mia storia preferita, quella del Bambino Pesca. Quando ero piccolo dormivo accanto a mia madre, e spesso lei mi raccontava quella favola. A metà del racconto mi addormentavo. Dimmela come me la diceva mia madre».
Encho non osò affrontare subito questa prova. Chiese un po’ di tempo per studiare. Dopo parecchi mesi andò da Yamaoka e disse: «Ti prego, dammi la possibilità di raccontarti la favola».
«Un altro giorno» rispose Yamaoka.
Encho restò molto deluso. Continuò a studiare e provò di nuovo. Yamaoka lo rimandò indietro molte volte. Quando Encho cominciava a parlare, Yamaoka lo interrompeva dicendo: «Non sei ancora come mia madre».
Encho impiegò cinque anni per riuscire a raccontare la favola a Yamaoka come gliel’aveva raccontata sua madre.
Fu così che Yamaoka insegnò lo Zen a Encho.
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