Un uomo possedeva un uccello che teneva in gabbia. Dovendo fare un viaggio nel paese dal quale l’uccello proveniva, chiese all’uccello se desiderasse qualcosa.
L’uccello rispose: «Liberami!».
«Questo è impossibile, lo sai, chiedimi un altro favore», disse l’uomo.
«Allora, quando arrivi nel mio paese, racconta agli altri uccelli a me simili, la mia condizione di prigioniero», disse l’uccello.
«Va bene!», rispose l’uomo, e partì.
Giunto a destinazione, il suo primo pensiero fu quello di rivolgersi al primo uccello, simile a quello che lui teneva in gabbia, per raccontargli la condizione di segregazione di un suo simile.
Quando l’uccello finì di ascoltare il racconto, cadde stecchito dal ramo su cui sostava: sembrava morto.
L’uomo fu molto dispiaciuto dell’accaduto. Pensò che fosse stato il suo racconto a far morire l’uccello. Subito dopo, però, non ci pensò più e continuò il suo viaggio.
Al ritorno, la prima cosa che gli venne in mente di fare, fu di rendere noto dell’accaduto al suo uccello in gabbia.
Questi, appena finito il racconto, cadde dal suo trespolo: sembrava morto.
L’uomo molto contrariato per tutta la vicenda, sentendosi colpevole per la morte di due “esseri”, liberò l’uccello dalla gabbia e lo depose sul davanzale della finestra aperta.
L’uccello, non si sa come, non si sa perché, immediatamente ritornò in vita e volò via …
[“L’uccello indiano” in Idries Shah, La Strada dei Sufi]
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– https://it.wikipedia.org/wiki/Idries_Shah