Si racconta la seguente storia su Sankaracarya. Dopo aver fatto le sue abluzioni mattutine, si diresse verso un tempio. Su un sentiero stretto si ritrovò davanti a un intoccabile, che portava un orcio di liquore ed era seguito da quattro cani che abbaiavano incessantemente. Temendo di essere insozzato dalla presenza dell’intoccabile e dei cani, ma anche di essere morso, intimò all’estraneo di togliersi dalla sua strada. L’estraneo non si mosse, gli rispose che la sola realtà esistente era quella del Sé e non vi era nessuno che fosse insozzato o meno. Sankaracarya s’inchinò ai piedi dello sconosciuto e lo venerò recitandogli i versi del Manisapancaka.
Questi i versi del Manisapancaka recitati: “In verità io sono il soggetto veggente e non l’oggetto veduto. Chi abbia questa ferma convinzione è mio maestro, sia egli un chandala o un brahmana, nato due volte”.
Allora l’intoccabile rivelò la sua vera identità che non era altro che Siva, e i cani furono riconosciuti come i quattro Veda.