Il vero miracolo è quello della consapevolezza. Certo, a chiunque – in fondo in fondo – farebbe piacere generare prodigi. Sarei curioso di sapere chi di noi non sia mai incorso in qualsivoglia difficoltà. Ma la consapevolezza, che di per sé sottende il miracolo dell’esistenza, è già un fenomeno foriero, ossia precursore, d’innumerevoli, sorprendenti sviluppi. Segue un breve, quanto emblematico, racconto zen.
“Quando Bankei predicava nel tempio Ryumon, un prete Shinshu, che credeva nella salvezza ottenuta ripetendo il nome del Buddha dell’Amore, si ingelosì del suo vasto pubblico e volle discutere con lui.
Bankei stava parlando allorché comparve il prete, ma questo creò una tale confusione che Bankei si interruppe e domandò che cosa fosse tutto quel baccano.
«Il fondatore della nostra setta» si vantò il prete «aveva poteri così miracolosi che stando su una riva del fiume con un pennello in mano riusciva a scrivere attraverso l’aria il sacro nome di Amida su un foglio che un suo assistente reggeva sull’altra riva.
Tu puoi fare questa cosa prodigiosa?
Bankei rispose gaiamente: «Forse questo gioco di prestigio può farlo la tua volpe, ma non è questo il modo dello Zen. Il mio miracolo è che se ho fame mangio, e se ho sete bevo».”
(da: 101 storiezen)
– http://it.wikipedia.org/wiki/101_storie_zen
– 101 Storie Zen – Nyogen Senzaki A cura di Nyogen Senzaki, Paul Reps
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