Il discepolo si avvicina al maestro e gli chiede:
«Qual è il suono essenziale del vuoto?»
Il maestro risponde:
«Qual è il suono essenziale del vuoto?»
«Il maestro sei tu, io non conosco la risposta, per questo chiedo a te!»
«Il maestro gli dà un colpo sulla testa. Il discepolo si illumina.»
Il maestro ha smesso di identificarsi con il suo ego, si è consegnato al vuoto, al silenzio interiore.
L’unico rumore che in questo istante risuona nella sua vacuità è la domanda del discepolo.
Questi confonde la risposta del maestro con una domanda rivolta al suo intelletto, senza rendersi conto che non fa altro che imitarlo.
«Il maestro sei tu, io non conosco la risposta, per questo chiedo a te!»
Risposta assurda: il maestro non ha voluto fargli una domanda, ha semplicemente imitato il rumore delle sue parole spogliandole di tutto il contenuto.
Il discepolo vuole ottenere concetti, non rinuncia alla sua ricerca intellettuale. Il maestro, dandogli un colpo sulla testa, interrompe il flusso verbale.
È questione di un attimo, e lo spirito si svuota delle parole.
Alla fine il discepolo capisce. Il maestro non è più nessuno. Il resto, il mondo, è il suono essenziale del suo vuoto. Non appena l’io smette di esistere, il mondo esiste.
(Da: “Il dito e la luna. Racconti zen, haiku, koan”, Alejandro Jodorowsky)
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