C’è un proverbio che, dice: “l’opposizione dell’uomo di conoscenza è preferibile all’approvazione dell’imbecille”.
Io, Salim Abdali, attesto che ciò è vero tanto nelle sfere superiori quanto in quelle dei livelli inferiori dell’esistenza. Questa verità è evidenziata nella tradizione dei saggi, che hanno trasmesso il racconto del cavaliere e del serpente.
Un cavaliere vide dall’alto del suo cavallo un serpente velenoso infilarsi nella gola di un uomo addormentato, e si rese conto che se quell’uomo avesse continuato a dormire, il veleno lo avrebbe sicuramente ucciso.
Di conseguenza prese a frustare il dormiente finché non si svegliò. Non avendo tempo da perdere lo trascinò a forza sotto un albero, ai piedi del quale c’erano delle mele marce; lo costrinse a mangiarle, poi lo obbligò a bere lunghi sorsi di acqua del ruscello.
Mentre cercava continuamente di divincolarsi, l’uomo gridava al cavaliere: “Che ti ho fatto, nemico dell’umanità, per maltrattarmi così?”.
Al calar della notte, finalmente, l’uomo, esausto, stramazzò a terra e vomitò le mele, l’acqua e il serpente.
Quando vide ciò che era uscito dal suo corpo, capì quanto era accaduto e implorò il perdono del cavaliere.
Questa è la nostra condizione.
Quando leggerete questo, non confondete la storia con l’allegoria, ne l’allegoria con la storia. Coloro che hanno ricevuto la conoscenza hanno in cambio delle responsabilità. Coloro che non l’hanno ricevuta non ne hanno, indipendentemente da quello che pensano.
L’uomo che era stato salvato disse al cavaliere: “Se mi avessi avvertito, avrei accettato di buon grado il tuo trattamento”.
“Se ti avessi avvertito”, rispose il cavaliere, “non mi avresti creduto, oppure saresti rimasto paralizzato dalla paura o saresti fuggito, oppure, ancora, ti saresti riaddormentato per cercare l’oblio. E non ci sarebbe stato più tempo”.
Spronando il suo cavallo, il misterioso cavaliere si allontanò al galoppo.
(Da: “I racconti dei dervisci”, Idries Shah)
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