Come l’attenzione verso tutto ciò che ci circonda ed in cui siamo immersi, quindi anche la reciprocità degli uni verso gli altri, che tutto sommato è il primo passo verso la meditazione, induca al rispetto. Infatti il processo di consapevolezza non è avulso da quello meditativo. In questo bel racconto di Amma alcuni monaci cercano il loro maestro e dopo qualche peripezia lo trovano in …
Amma racconta una storia: “Come trovare un Mahatma”?
“C’è una vecchia storia su di un gruppo di monaci che vivevano in un monastero insieme al loro maestro. I monaci conducevano una vita molto disciplinata e piena di devozione. Il luogo aveva un’atmosfera così meravigliosa e spirituale che la gente accorreva lì da lontano e da ogni luogo. Ma un giorno il maestro lasciò il corpo. All’inizio i discepoli continuarono ad agire come avevano sempre fatto; ma poco alla volta cominciarono a impigrirsi, la loro devozione e disciplina gradualmente scomparvero e le persone del monastero caddero in uno stato di negligenza. La gente smise di andare a visitarlo e nessun nuovo monaco volle andare a vivere lì. Tutti i monaci si sentirono molto scoraggiati. Spesso litigavano tra di loro, il loro cuore era arido e non sentivano più alcuna forma di amore o devozione.
Un giorno, uno dei monaci anziani decise che si doveva fare qualcosa. Aveva sentito di un maestro spirituale che viveva da eremita nella vicina foresta. Così lasciò il monastero e si mise alla ricerca di lui per avere un consiglio. Quando trovò il maestro, gli parlò dello stato di negligenza in cui versavano le persone del monastero e della sua condizione disperata. Il maestro gli sorrise e disse: ‘C’è uno tra voi che è un grande santo, una vera incarnazione di Dio Stesso. I residenti non gli mostrano né amore né rispetto, e questa è la causa di tutti i vostri problemi. Ma l’incarnazione di Dio, nonostante ciò, vive celato in mezzo a voi. Non rivelerà la sua identità.’ Avendo detto ciò, il maestro chiuse gli occhi ed entrò in samadhi. Il monaco non riuscì a ottenere ulteriori informazioni da lui.
Mentre tornava al monastero, il monaco non fece altro che chiedersi chi potesse essere, tra i suoi fratelli, l’Incarnazione. ‘Potrebbe essere il monaco che lava i nostri vestiti?’ Pensò tra sé: ‘No, non può essere lui, perché ha un temperamento troppo cattivo. Potrebbe essere il cuoco? Si chiese. ‘No, non può essere il cuoco perché è troppo trasandato nel lavoro e non sa cucinare del buon cibo.’ Così continuò a pensare a tutti i monaci, uno per uno, scartandoli ognuno per qualche cattiva qualità che aveva visto in ciascun monaco. Ma all’improvviso pensò tra sé: ‘Deve essere uno dei monaci, perché il maestro ha detto così. Ma io non riesco a capire chi è perché guardo soltanto i difetti di ciascuno di loro, e se fosse che il Santo stesse deliberatamente mostrando qualche difetto per impedire che lo si riconosca?’
Appena giunse al monastero disse ai fratelli le grandi notizie che il maestro gli aveva rivelato. Furono tutti sorpresi e iniziarono a guardarsi attentamente l’uno l’altro, cercando di scoprire chi potesse essere l’Incarnazione divina (ognuno sapeva di non essere lui stesso). Ma, nel guardarsi intorno, potevano vedere soltanto i loro fratelli che conoscevano tanto bene, con tutte le loro colpe e difetti. Ci fu una grande discussione tra di loro su chi potesse essere il Mahatma. Alla fine decisero di sforzarsi di rispettarsi l’uno l’altro, e di essere gentili e umili tra di loro, poiché non avevano idea di chi potesse essere il Mahatma nascosto, e non volevano mancare di rispetto ed essere arroganti nei riguardi di un Maestro. Tutti i monaci furono d’accordo su ciò, considerandola un’idea eccellente. Da allora in poi iniziarono a trattarsi l’uno l’altro in modo molto diverso, con grande rispetto e gentilezza, poiché non sapevano mai se il monaco che era davanti a loro poteva essere il Mahatma, e fecero ogni sforzo per vedere soltanto il bene negli altri, cominciarono ad amarsi l’un l’altro.
Non sapendo chi potesse essere tra i monaci il Santo, non potevano far altro che immaginare che potesse essere Lui in ognuno dei fratelli. Tramite l’amore che colmò i loro cuori, la schiavitù della negatività, che li aveva assoggettati così a lungo, scomparve. Gradualmente iniziarono a percepire il Santo chiaramente, non solo fra di essi, ma ovunque – persino in loro stessi – e raggiunsero lo stato finale di libertà eterna. L’atmosfera del monastero cambiò completamente, e la gente cominciò a tornare per bere dell’amore e della divinità che permeava il luogo.
Figli, l’amore e la libertà sono interdipendenti.”
– Mata Amritanandamayi (amazon)
– https://it.wikipedia.org/wiki/Mata_Amritanandamayi
– https://www.amma-italia.it/