Una donna, Paula, era approdata alla meditazione dopo un divorzio devastante. Suo marito aveva lasciato lei e il figlio di sei anni, e lei era piena di dolore, di paura e di rabbia. Paula si impegnò per molte settimane a prendere consapevolezza dei propri sentimenti; accanto alle sue paure c’era una voce che continuava a raccontare quanto fosse impossibile amarla, che sarebbe sempre stata lasciata, abbandonata. Chiesi a Paula da quanto si sentisse così; rispose che era la storia della sua vita. Quando aveva tre anni suo padre era uscito dalla porta di casa abbandonando lei e la madre, ed era morto svariati anni dopo. Paula era cresciuta con la sensazione che in qualche modo era colpa sua se il padre l’aveva abbandonata; era convinta di essere lei il problema, di essere una persona difettosa e impossibile da amare.
Per settimane la ascoltai prendere sempre maggiore consapevolezza del proprio divorzio, con i sentimenti connessi di dolore, rabbia e paura. Paula fece la pratica di circondare il proprio corpo e la propria storia dolorosa di compassione. Alla fine fu pronta a tornare indietro alla scena più dolorosa di tutte: le chiesi di chiudere gli occhi e di ricordare la sera in cui suo padre se n’era andato. Lei aveva tre anni, allora; indossava un vestitino di cotone azzurro e stava in piedi in cima alle scale ad ascoltare il litigio dei genitori. A un certo punto vide il padre afferrare la maniglia della valigia e, senza alzare lo sguardo fino a lei, uscire a grandi passi di casa e dalla sua vita. Un ricordo tremendo. « Non mi ha neanche dato un’occhiata! Non mi ha detto niente! » Quando le chiesi che cosa stesse pensando quella bambina piccola, lei rispose: « Ho fatto qualcosa di male; c’è qualcosa di sbagliato in me, altrimenti lui sarebbe rimasto a casa ».
Paula tenne fra le braccia per un po’ di tempo, con compassione, quella bambina di tre anni disperata; poi le chiesi se riusciva a immaginare di entrare nell’esperienza di suo padre in piedi davanti alla porta. « Diventa lui; che sensazione provi, fisicamente? » « Spaventosa. Mi sento rigido, duro, sul punto di esplodere. Sono terrorizzato. Sono incastrato in un matrimonio tremendo che non volevo, in un lavoro senza prospettive. Con mia moglie litighiamo di continuo, sto sprecando la mia vita. Devo trovare una via d’uscita, devo scappare, se voglio salvarmi la vita. » « E ora che prendi la valigia per uscire di casa lo sai che tua figlia Paula è lì in piedi in cima alle scale? » « Lo so, ma non riesco a guardarla. Non ci riesco. Se vedo il suo sguardo non potrò mai più andarmene. Le voglio tanto bene, ma se non me ne vado morirò. Devo andarmene, assolutamente. » Paula si mise a piangere per suo padre e per la sua paura, per il dolore di tutti quanti.
Seduti lì, tranquilli, chiesi a Paula della storia che si andava raccontando da allora, che aveva fatto qualcosa di sbagliato e che non era degna d’amore. « Chi ha montato questa storia? » le chiesi. Dopo una pausa, lei rispose timidamente: « Io ». « E vera? » « Veramente no », disse lei, e mi fece un mezzo sorriso. « Sei sicura? » chiesi. Lei rise. Parlammo del suo desiderio o no di continuare a ripetersi quella storia e lo schema dell’indegnità d’essere amata. « Chi sei, Paula, se non sei questa storia? » le chiesi. Ci guardammo l’un l’altra, con la pace del cuore, fuori dalle sue paure, fuori dal tempo; restammo seduti lì insieme, nella sacra bellezza del momento presente che contiene in sé tutte le storie e anche tanto di più. Paula cominciò a sentirsi libera.
[ Da: Jack Kornfield, il Cuore Saggio ]
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– https://en.wikipedia.org/wiki/Jack_Kornfield