“Studiando accuratamente le personalità archetipiche e la loro condotta, aiutandoci con i sogni, le fantasie, le idee deliranti dei pazienti, restiamo profondamente colpiti dal loro rapporto vasto e immediato con le rappresentazioni mitologiche. Esse formano una sorta di singolari entità cui volentieri attribuiremmo un io cosciente: ne sembrano infatti quasi capaci. Ma quest’idea non trova nessuna conferma nei fatti. Niente del loro comportamento parla a favore di un io cosciente quale noi lo intendiamo. Al contrario, esse portano tutti i segni delle personalità frammentarie: simili a maschere, a larve, senza problemi, senza autoriflessione, senza conflitti, dubbi, dolori, quasi fossero dèi sprovvisti di una qualunque filosofia: come gli dèi brahmanici della Samyutta-Nikaya, le cui erronee opinioni ebbero bisogno della rettificazione del Buddha.
A differenza di altri contenuti, esse rimangono sempre estranee nel mondo cosciente. Sono perciò come degli intrusi, degli importuni che saturano l‘atmosfera con la sensazione di sinistri presagi o con l‘angosciosa idea del disturbo mentale. Se esploriamo il loro contenuto riscontriamo innumerevoli connessioni arcaiche e storiche, ossia immagini di natura archetipica. Questa particolarità consente di trarre conclusioni riguardo la ”localizzazione” dell’Anima e dell’Animus all’interno della struttura psichica: essi evidentemente vivono e funzionano nei più profondi strati dell‘inconscio, in particolare in quel profondo strato filogenetico da me denominato inconscio collettivo.
Questa localizzazione spiega in gran parte la loro stranezza: al mondo effimero della nostra coscienza essi comunicano una vita psichica sconosciuta, appartenente a un lontano passato; comunicano con lo spirito dei nostri ignoti antenati, il loro modo di pensare e sentire, il loro modo di sperimentare la vita e il mondo, gli uomini e gli dèi. L’esistenza di questi strati arcaici costituisce presumibilmente la fonte della credenza nella reincarnazione e nel ricordo di vite anteriori. Come il corpo umano rappresenta una sorta di museo della sua storia filogenetica, lo stesso avviene per la psiche.
Noi non abbiamo nessun motivo di supporre che la struttura specifica della psiche sia l‘unica cosa al mondo a non avere storia al di là delle sue manifestazioni individuali. Perché negare che la nostra coscienza ha una storia che abbraccia circa 5000 anni? Soltanto l’io cosciente comincia perpetuamente daccapo e trova una rapida fine. La psiche inconscia, invece, non solo è infinitamente antica ma ha la possibilità di estendersi a un altrettanto lontano avvenire. Essa forma la species humana di cui è un elemento costitutivo: come il corpo che, effimero nell‘individuo, collettivamente è senza età. [ … ]”
(Da: Coscienza, inconscio e individuazione – Carl Gustav Jung)
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