«Pregare non si limita a pronunciare delle parole. Come mai, spesso, quando pregano, le persone congiungono spontaneamente le due mani? Con questo gesto, esse ritrovano istintivamente il senso profondo della preghiera: una mano rappresenta l’intelletto e l’altra il cuore.
Affinché una preghiera sia potente, è necessario che venga dall’intelletto e dal cuore, dal pensiero e dal sentimento, ossia dai due principi, maschile e femminile.
Questo non significa che per pregare si debbano obbligatoriamente congiungere le mani fisicamente. Si può pregare sia unendo le mani sia non unendole… e si può anche pregare con le mani aperte all’altezza del viso e con i palmi in avanti; in tal caso, le braccia con la testa formano la lettera ebraica Shin ש. Si può pregare in qualunque posizione: ciò che conta non è l’atteggiamento fisico, bensì l’atteggiamento interiore, la partecipazione del pensiero e del sentimento. Nella preghiera, l’essenziale non sono nemmeno le parole. Certo, le parole sono importanti, ma a condizione che, anche sul piano psichico, esse siano vivificate dal pensiero e dal sentimento.»
(Omraam Mikhael Aivanhov)
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