«Perché? Chi fa tanto caso a un miracolo?
Quanto a me, io non conosco altro che miracoli:
Che io passeggi per le vie di Manhattan,
O che spinga il mio sguardo al di sopra dei tetti,
verso il cielo,
O che guazzi a piedi nudi lungo la sponda,
proprio sul bordo dell’acqua,
O che stia sotto gli alberi nei boschi,
O che parli, durante il giorno, con chi amo o che
dorma di notte con chi amo,
O che sieda a tavola a pranzare con altri,
O che guardi estranei che viaggiano sedendo in
fronte a me,
O che guardi le api, affaccendate attorno
all’arnia, in un pomeriggio estivo,
O gli animali che brucano per i campi,
O gli uccelli, o il meraviglioso gioco degli insetti
per aria,
O il meraviglioso spettacolo del tramonto, o
degli astri splendenti silenziosi e lucenti,
O la squisita delicata curva della luna nuova in
primavera;
Queste cose con altre, ciascuna e tutte, sono
miracoli per me,
E, pur riferendosi al tutto, ciascuna sia distinta,
e al proprio posto.
Per me ogni ora di luce e di tenebra è un
miracolo,
Ogni pollice cubico di spazio è un miracolo,
Ogni miglio quadrato della terra è seminato di
miracoli,
Ogni piede dell’interno della terra è affollato di
miracoli.
Un continuo miracolo è per me il mare,
E i pesci che vi nuotano – e gli scogli – e il
movimento delle acque – e le navi e gli
uomini che vi sono a bordo:
Quali miracoli più straordinari di questi vi sono?»
(Walt Whitman – Foglie d’erba)
– Fonte