Vivere al presente. Orientamento edonistico o tipico stato d’animo indotto dalla meditazione? Coglier l’attimo, l’istante, l’eternità in un momento, l’imperituro nella fugacità. Il frangente spontaneo, occasionale, estemporaneo. Non ritornare costantemente al passato o proiettarsi incessantemente verso il futuro senza che ve ne sia davvero bisogno.
Essere qui e ora, presenti al proprio presente, nuovi nel nuovo istante. Una fraseologia poliedrica e sfaccettata, ma con un unico scopo. Riconoscere in “ciò che è” tutto il valore, l’amore e la bellezza possibili. Accettarsi così come siamo. Discernere l’onnipresenza del divino in tutte le manifestazioni della vita, sia quelle più dolorose, dovute sovente all’ignoranza, che quelle più gratificanti, come la gioia immotivata che scaturisce dalla semplicità di condividere senza distinguere tra ordinario e pregiato, infimo e magnifico, quotidiano e divino.
Si, perché lo spirito dimora solo dove non v’è nessuno che possa più riconoscerlo. Vivere al presente, con tutte le implicazioni spirituali che l’atteggiamento comporta, non è necessariamente un approccio meditativo orientale. (salius)
Carpe diem
Tu non domandare – è un male saperlo – quale sia l’ultimo giorno che gli dei, Leuconoe, hanno dato a te ed a me, e non tentare gli oroscopi di Babilonia.
Quanto è meglio accettare qualunque cosa verrà!
Sia che sia questo inverno – che ora stanca il mare Tirreno sulle opposte scogliere – l’ultimo che Giove ti ha concesso, sia che te ne abbia concessi ancora parecchi, sii saggia, filtra il vino e taglia speranze eccessive, perché breve è il cammino che ci viene concesso.
Mentre parliamo, già sarà fuggito il tempo invidioso : cogli il giorno, fidandoti il meno possibile del domani.
Testo originale
Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros. Vt melius, quidquid erit, pati,
seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrhenum! Sapias, uina liques et spatio breui
spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit inuida
aetas. Carpe diem, quam minimum credula postero.
Autore: Quinto Orazio Flacco (Venosa 65 a.C. – Roma 8 a.C.)
Note: Poeta lirico e satirico. Sin dai primi anni di attività vicino agli ideali repubblicani. La conoscenza di Mecenate gli assicurò la benevolenza di Augusto.
– Biografia di Quinto Orazio Flacco
– Appunti sul “Carpe diem”