Cosa è il Tao per me? E’ facile rispondere con i soliti concetti; ho voluto invece cercare un modo personale per esprimerlo.
E sono arrivato a questa idea: “Per me, il Tao è come un’orchestra”.
L’orchestra c’è sempre stata, e suona regolarmente. E’ costituita da musicisti esperti, quindi non commettono errori. E sono sempre pronti ad accogliere chiunque voglia unirsi a loro per un concerto.
Così un giorno salgo sul palco – stanno già suonando, come fanno sempre. Prendo una chitarra e suono. La sfida è improvvisare la loro musica, perché non so cosa stanno suonando. Non lo sanno neppure loro prima di farlo. Lo fanno e basta.
Quindi il mio compito è entrare in sintonia con loro. Siccome ho un buon orecchio (la mia intuizione), riesco a capire subito quando stono. Non potrei suonare più veloce di loro, anche se volessi: devo seguire. Altrimenti, questa non è musica. E’ il caos.
Talvolta, senza preavviso, aumentano il ritmo. Così io seguo. Talvolta decidono di suonare più lentamente. Io devo adattarmi. Quindi tornano a melodie più forti, brillanti e briose, e io cerco di restare in sintonia. Inizialmente il mio orecchio è lo strumento più utile. Ma dopo un po’, comincio a capire dove vogliono andare. Tuttavia non ne sono mai del tutto sicuro, ma talvolta lo sento e spesso ho ragione. Tutto quello che devo fare è seguire e reagire prontamente ai cambiamenti di ritmo e tonalità. Devo essere attento e sensibile ai diversi accordi.
Comunque non devo sempre suonare. Talvolta abbasso il volume e lascio che altri musicisti dell’orchestra guidino. Talvolta li ascolto solamente, per perdermi in un nuovo pezzo che sta iniziando. Suono quando penso sia il caso. Mi fermo quando penso che il suono della chitarra non sia necessario. Semplicemente seguo l’impressione del momento. Nient’altro conta, dopo tutto.
Sfortunatamente, ci sono ancora molti momenti in cui la musica richiede la conoscenza di accordi che non ho ancora ben imparato. A volte cerco di suonarla, solo per rendermi conto che sono stonato. E’ il mio piccolo ego che cerca di imporre le sue idee egocentriche sull’ordine naturale delle cose – il che non funziona mai. Continuo a suonare e quindi comprendo che, se non mi fermo, otterrò solo di rovinare il bellissimo pezzo che l’orchestra sta suonando.
Così torno ai miei libri di teoria musicale per imparare come suonare in queste situazioni. In questi libri trovo tutti i principi necessari per accordarmi con questa speciale orchestra in qualsiasi momento. Questi principi mi dicono, tra l’altro, di non mettermi in mostra quando suono, di non cercare di essere al centro del palco, di non rendere le cose complicate, di lasciare che gli altri membri dell’orchestra guidino e di cercare unicamente di fondermi nell’insieme. Se rispetto questi pochi principi fondamentali, i libri affermano che sarò capace di essere in sintonia con l’orchestra.
Ma ci vuole esercizio. Altre parti dei libri sono più tecniche: sono descritti accordi che non ho ancora completamente padroneggiato, ritmi strani, come il 9/8 invece del comune 4/4. I libri dicono che questi accordi e questi ritmi sono rari nella musica, ma talvolta ricorrono. Così devo conoscerli, in modo da reagire efficacemente e abilmente quando l’orchestra decide di usarli.
Tuttavia, finché non prendo la mia chitarra e pratico da solo, non migliorerò la mia abilità; continuerò a ripetere gli stessi errori. Così mi esercito ancora e ancora sugli stessi accordi, cercando di immaginare i momenti giusti in cui possono presentarsi quando suonerò ancora nell’orchestra; chiudo i miei occhi e mi concentro sulle mie dita. So che un giorno questi accordi saranno parte di me stesso, così la mia attenzione sarà completamente concentrata sulle emozioni che voglio trasmettere con la musica. E se mai diventerò un musicista esperto (senza pensare più agli accordi ma lasciando solo che la musica esca da me senza sforzo cosciente) a quel punto la mia attenzione sarà concentrata sul vuoto assoluto, perché avrò capito che per seguire questa orchestra imprevedibile devo vuotare me stesso da ogni aspettativa e riempirmi con un atteggiamento di totale ricettività.
Quindi, dopo alcune sedute di pratica, torno sul palco con l’orchestra. Oh, non sono ancora un musicista eccezionale. Le mie melodie sono semplici, ma talvolta hanno una certa bellezza. Capisco che un giorno dovrò cercare un insegnante per superare alcune difficoltà sostanziali – la principale di suonare più con la testa che con il cuore.
Per il momento, mi limito a godermi la musica.
L’unica ricompensa che ne ricevo è la soddisfazione di essere una bellissima parte dell’infinita e anonima melodia. A volte questa fantastica parte dura solo pochi minuti. E che estasi…
La mia sola motivazione è sperimentare ancora questa suprema sensazione. Questa sensazione di essere parte di qualcosa di più grande di me. Di avere suonato al massimo delle mie capacità e di esserne stato consapevole.
Questa è l’unica cosa che conta.
Tutto il resto è superfluo, perché questa ricerca dell’armonia crea il desiderio di essere un musicista sempre migliore.
Mi rende felice, dà senso alla mia esistenza e riempie i miei giorni. Poiché so che l’orchestra starà sempre suonando, che io decida o no di unirmi a lei; e mi darà sempre il benvenuto, come una madre affettuosa.
Di Sylvain Paquette
tradotto da Alessandro Zampagna
– Taoismo – (macrolibrarsi)
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– Fonte web Taoism.net
– Link all’articolo originale