Il termine zen è la lettura giapponese del vocabolo cinese chan, che significa letteralmente “meditazione”. In Cina la dottrina chan ebbe una grande diffusione soprattutto durante il periodo Tang (618 – 907). Importata in Giappone già durante il periodo Heian, si diffuse solo a partire dal periodo Kamakura dando origine a due scuole indipendenti: la scuola Rinzai, fondata dal maestro Eisai (1141 – 1215), e la scuola Soto, fondata da Dogen (1200 – 1253), discepolo di Eisai.
Lo zen è la ricerca dell’illuminazione personale, cioè del raggiungimento di una comprensione intuitiva della realtà (satori), non attraverso la ragione, ma con lunghe sedute di meditazione (zazen) e attraverso l’attenzione esercitata anche nelle occupazioni più semplici.
Il ragionamento e la logica impediscono il satori, in quanto imprigionano la realtà in una gabbia di concetti precostituiti, riduttivi e illusori. Per questo motivo l’addestramento zen prevede che il maestro sottoponga all’allievo delle domande (koan) che sono in realtà paradossi logici a cui quest’ultimo trova risposta solo nella meditazione. L’allievo impiega molto tempo a raggiungere l’intuizione e spesso i suoi errori vengono puniti molto duramente dal maestro. Questa dottrina non ricorre ai libri come mezzo di trasmissione, ma può essere appresa solamente dall’insegnamento diretto che guidi ad una esperienza vissuta personalmente.
Il buddismo zen si è diffuso largamente durante il periodo Kamakura perché la sua semplicità dottrinale, il suo richiamo ad una morale semplice e austera, alla meditazione e all’autocontrollo ben si accordavano con i valori ed il modo di vivere della classe dei guerrieri al potere.
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