“Nell’approccio abituale della meditazione, viene in primo luogo la pratica detta della “tranquillità della mente”, “shamatha” in sanscrito, “shinè” in tibetano. Essa insegna a “restare tranquilli”, a lasciare la mente in uno stato in cui si acquietano i pensieri e le passioni: permette di lasciare la propria mente stabilizzata senza distrazioni, pacifica e tranquilla. Poi viene la meditazione della visione superiore, vipasyana in sanscrito, lhagtong in tibetano, che conduce la mente a riconoscere la propria natura, a comprendere per esperienza diretta la sua vacuità, la sua luminosità e la sua intelligenza illimitata.
La mente si riconosce allora da se ed accede infine all’esperienza di mahamudra. Esistono infatti differenti approcci di shamatha e di vipasyana: il livello speciale di mahamudra, è l’ultima forma di vipasyana. La pratica di shamatha stabilizza la mente abitualmente agitata dai suoi pensieri ed emozioni. In assenza di stimoli, la mente agitata si tranquillizza. L’agitazione della mente è all’origine delle nostre illusioni e condizionamenti dolorosi, ed è necessario apprendere a lasciarla depositare. I progressi di shamatha introducono la mente ad uno stato di chiarezza, di riposo e di pace, che è anche uno stato di felicità. La pratica di vipasyana permette in seguito di riconoscere la natura stessa della mente. Il riposo della mente è paragonabile a quello dell’oceano, e la visione al riflesso della luna nelle sue acque. Sull’oceano agitato dalle onde la luna non può essere vista chiaramente, allorché se l’oceano è stabile, essa si riflette con precisione. Quando la mente arriva ad uno stato di riposo completo, la sua natura profonda si può rivelare. Il riposo della mente corrisponde a shamatha e l’esperienza della sua natura a vipasyana. La parola tibetana per “shamatha” è “shinè”; essa è formata da due sillabe: “shi” che significa “tranquillo” e “ne” che ha il senso di “rimanere”, “dimorare”. Shinè – shamatha – è dunque letteralmente “rimanere tranquilli”. Il senso della parola spiega questo tipo di pratica, che insegna alla mente a restare a riposo, lasciando tranquille le emozioni ed i pensieri che la agitano e la perturbano. Vipasyana, la “visione superiore”, si dice in tibetano “lhagtong”. Lhag, vuol dire “chiaro” o “superiore” e “tong” significa “vedere”, avere una visione superiore che ci permette di riconoscere la natura della mente, di vedere chiaramente il suo stato fondamentale. Questa pratica si approfondisce attraverso la relazione personale con una guida competente.
(Kalu Rinpoce – La voie du Buddha)
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