Oggi tre bambini, due femminucce e un maschietto, sono venuti dal paese vicino per giocare con Thanh Thuy (si pronuncia ‘Tan Tui’). Tutti e quattro se la sono svignata per andare a giocare sulla collina dietro casa e dopo un’oretta sono tornati assetati. Ho preso l’ultima bottiglia di succo di mela fatto in casa e ho versato a ciascuno un bicchierone pieno. In quello di Thuy, che riempii per ultimo, scivolò un po’ di polpa dal fondo della bottiglia.
Thuy mise il broncio, rifiutandosi di bere. Poi i quattro bambini tornarono ai loro giochi sulla collina, ma Thuy era rimasta senza bevanda.
Un’ora e mezzo più tardi, mentre sedevo in meditazione nella mia stanza, la udii chiamare. Tentava di riempirsi da sola un bicchiere d’acqua ma, anche sollevandosi sulle punte dei piedi, non arrivava al rubinetto. Le dissi che sul tavolo l’aspettava ancora il succo di mela: poteva bere quello. Thuy l’ha guardato e si è accorta che la polpa si era depositata e il liquido appariva chiaro e limpido.
Si è avvicinata, ha preso il bicchiere con le due manine, ne ha bevuto metà, l’ha posato e mi ha chiesto: “È un bicchiere nuovo, zio monaco?” (i bambini vietnamiti chiamano così noi vecchi monaci).
“No” risposi, “è lo stesso di prima. È stato seduto buono per un po’, e adesso è chiaro e limpido”. Thuy lo guardò di nuovo. “È davvero diventato buono. Ha fatto meditazione come te, zio monaco?”.
Risi e le accarezzai la testolina, “No, sono io che imito il succo di mela quando sto seduto. È più giusto dire così”.
Tutte le sere, quando per Thuy è ora di coricarsi, siedo in meditazione. Lei dorme e io siedo nella stessa stanza. Abbiamo fatto un patto: quando mi siedo lei va a letto in silenzio. In quell’atmosfera tranquilla le è facile prendere sonno, in cinque o dieci minuti è già addormentata. Quando ho finito la seduta, la copro con la coperta.
Thanh Thuy è una bambina dei boat people. Ha quasi quattro anni e mezzo. L’anno scorso ha attraversato il mare con il padre ed è sbarcata in Malaysia. La mamma è rimasta in Vietnam. Giunto in Francia, il padre venne da noi e ci affidò Thuy per qualche mese, per cercare lavoro a Parigi. Le insegno l’alfabeto vietnamita e le canzoncine popolari del nostro paese. È molto intelligente: in due settimane ha imparato a sillabare e a leggere piano piano un racconto di Tolstoj che ho tradotto dal francese in vietnamita.
Tutte le sere Thuy mi guarda sedere. Le ho detto che ‘siedo in meditazione’, senza spiegarle cosa significa o perché lo faccio. Ogni volta che mi vede sciacquarmi la faccia, indossare l’abito e accendere un bastoncino d’incenso per profumare la stanza, sa che mi sto preparando per ‘meditare’. Sa anche che per lei è venuto il momento di lavarsi i denti, mettersi il pigiama e andare a letto in silenzio. Non ho mai avuto bisogno di ricordarglielo.
Senza dubbio Thuy ha pensato che il succo di mela è rimasto a sedere per un po’ per diventare limpido, come fa lo zio monaco. “Ha fatto meditazione come te?”. Io credo che Thanh Thuy, che ha quattro anni e mezzo, capisca il significato della meditazione senza bisogno di spiegazioni. Il succo di mela se ne è stato tranquillo ed è diventato limpido. Anche noi, sedendo in meditazione, diventiamo limpidi. Questa limpidezza ci ristora, ci dà forza e serenità.
Se in noi c’è freschezza, anche ciò che ci circonda ne viene ristorato. E ai bambini piace starci vicino, non per farsi dare una caramella o per sentire una storia. Ci stanno vicino perché sentono la nostra ‘freschezza’.
Questa sera sei venuto a trovarmi, amico mio. Verso in un bicchiere quello che rimane del succo, e lo metto sul tavolo nella stanza di meditazione. Thuy è già addormentata. Ti invito, caro ospite, a sedere in pace come il succo di mela.
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Illuminante …