“Il detto «se non è rotto, non aggiustarlo» […] non solo ci avverte di non andarci a impicciare con le cose che già funzionano perfettamente bene senza il nostro aiuto, ma ci sfida a guardare più da vicino quelle cose della nostra vita che ci sembrano rotte e che riteniamo debbano essere aggiustate. Potrebbe essere una sorpresa riconoscere che in fin dei conti non c’è niente che sia rotto e niente che si debba aggiustare.
[…] Sia la psicoanalisi sia la meditazione possono produrre profondi cambiamenti nella nostra vita, ma lo fanno ciascuna in modi che non ci aspettiamo. […] In un senso profondo, l’una e l’altra ci cambiano insegnandoci a lasciare tutto così com’è; ma lasciare che tutto rimanga così com’è non è ciò che di solito volevamo o ci aspettavamo. Esistono molti tipi di terapie e di pratiche spirituali che promettono di realizzare tutte le nostre fantasie di automiglioramento, se non di perfezione. […] Tutti questi ‘aiutanti’, e quelli che questi aiutanti pretendono di aiutare, sono sicurissimi di cosa va storto e di cosa lo potrà raddrizzare. Psicoanalisi e zen, ciascuno a suo modo, mettono in dubbio quel tipo di sicurezza. […]
Il disagio che proviamo nei confronti della nostra mente così com’è ci viene chiaramente mostrato da quel tipo di pensieri che io chiamo ‘meta-pensieri’: pensieri su pensieri, che prendono la forma di giudizi o commenti su tutto il processo. Sono i pensieri del tipo «Come sto andando?», o «Lo sto facendo giusto?». Quando etichettiamo i nostri normali pensieri come pensieri sul pranzo, progetti o sogni a occhi aperti, ne prendiamo semplicemente nota e li lasciamo andare; ma i meta-pensieri richiedono un tipo di attenzione un po’ diverso, perché possono racchiudere in sé ogni tipo di brama, aspettativa o giudizio su ciò che stiamo facendo e perché stiamo praticando. I meta-pensieri ci rivelano dove e quando pensiamo di essere rotti e quali sono le nostre fantasie di essere aggiustati o guariti. Queste fantasie di guarigione costituiscono il nucleo centrale di quella che io chiamo la nostra pratica segreta. Saper riconoscere con chiarezza la pratica segreta è il solo sentiero che conduce alla pratica vera.
[…] Quale che sia il metodo di meditazione che adottiamo, inevitabilmente cercheremo di arruolare quella pratica al servizio di una o di tante delle nostre fantasie di guarigione. Una fantasia di guarigione è un mito personale che usiamo per spigare cosa pensiamo che sia sbagliato in noi e nella nostra vita e cosa immaginiamo che potrà farla andare per il meglio. […]
‘Dualismo’ è un termine che il buddhismo usa per descrivere l’esperienza di essere tagliati fuori da quel che c’è di vitale nella vita. Dovunque siamo, sentiamo che ciò che vogliamo o di cui abbiamo bisogno sta da qualche altra parte. Ci sentiamo isolati e alienati dalla vita […]. Nelle nostre fantasie di guarigione immaginiamo che cosa ci manca e al tempo stesso cerchiamo a chi dare la colpa del perché non ce l’abbiamo. Possiamo incolpare noi stessi, o gli altri o il destino. A volte immaginiamo che qualcun altro abbia davvero quello che stiamo cercando e tentiamo di attaccarci a quella persona. Possiamo attaccarci come amante, come studente, come discepolo o come paziente. […]
Quasi sempre concludiamo che c’è qualcosa di sbagliato in noi così come siamo. […] Le nostre fantasie di guarigione contengono sempre al loro interno una corrispondente fantasia di cos’è che non va in noi […]. Perciò, quando cerchiamo di vincere la nostra sofferenza, dobbiamo in primo luogo considerare in quali modi abbiamo dato a noi stessi la colpa del nostro soffrire” (pp. 7-20).
Barry Magid, allievo di Joko Beck, è psicanalista e fondatore dello zendo The Ordinary Mind (New York).
(Da: Guida zen per non cercare la felicità – Barry Magid)
– Barry Magid – Macrolibrarsi
– Barry Magid – Amazon
– https://en.wikipedia.org/wiki/Barry_Magid
– Fonte lameditazionecomevia.it