Parte 2
… segue da pag. 1 … Come comportarci allora con i pensieri? Li etichettiamo. Siate molto accurati nel lavoro; non basta l’etichetta ‘pensiero, pensiero’ o ‘preoccupazione, preoccupazione’. Notate per es.: ‘Pensiero: lui è un tiranno’, ‘Pensiero: lei è ingiusta’, ‘Pensiero: non faccio mai niente che va bene’. Siate precisi. Se i pensieri precipitano a tale velocità che è discernibile solo la loro confusione, allora etichettate la perturbazione come: ‘Confusione’. Persistendo nella ricerca di un pensiero preciso, prima o poi lo troverete. Praticando in questo modo diventiamo familiari a noi stessi, alla nostra vita e al modo in cui ci rapportiamo ad essa. Constatando la comparsa dello stesso pensiero centinaia di volte, abbiamo scoperto qualcosa di noi che ignoravamo. Può darsi che il pensiero vada incessantemente al passato o al futuro. Alcuni rimuginano le situazioni, altri le persone, altri ancora se stessi. Alcuni alimentano in continuazione giudizi sugli altri. Ci vogliono quattro o cinque anni di etichettamento dei pensieri per giungere a conoscerci abbastanza bene. Ma cosa accade ai pensieri, etichettati con precisione e accuratezza? Accade che si placano. Non occorre forzarli e lasciarli.
Quando si sono calmati, ritorniamo all’esperienza del corpo e del respiro: ancora, ancora e ancora. Non potrò mai sottolineare abbastanza che non si tratta di un paio di volte, ma di decine di migliaia di volte. Nel frattempo, la nostra vita si trasforma. Ecco la base teorica dello stare seduti, E’ molto semplice, non c’è niente di complicato. Ora vediamo una normale situazione quotidiana. Supponiamo che lavoriate nell’industria aeronautica. Il contratto governativo scade e probabilmente non sarà rinnovato. La vostra reazione è: “Perderò il lavoro. Non avrò più entrate e ho una famiglia da mantenere. Terribile! “. Poi cosa accade? La mente incomincia a girare attorno al problema. “Cosa accadrà? Come farò?” La mente vortica sempre più velocemente, sempre ansiosa. Programmare il futuro non è sbagliato, dobbiamo fare così. Il fatto è che, agitandoci, invece di programmare diventiamo ossessionati. Rigiriamo il problema in mille modi. Se non sappiamo cosa vuol dire praticare con i pensieri ansiosi, cosa accadrà? I pensieri producono un’emozione, col risultato che l’ansia aumenta.
L’agitazione emotiva è sempre causata dalla mente. Se diamo via libera all’agitazione, diventiamo ammalati o depressi. Ma, se la mente non affronta la situazione con consapevolezza, lo farà il corpo. Il corpo ci tirerà fuori. E’ come se dicesse: “Se non te ne curi, devo farlo io”. Così ci viene il raffreddore, l’eczema, l’ulcera o quello che è nel nostro stile. Una mente non consapevole causa la malattia. Non è una critica: non conosco nessuno che non si ammali, me compresa. Quando il desiderio di preoccuparci è forte, creiamo le difficoltà. Con la pratica regolare, lo facciamo semplicemente un po’ meno. Tutto ciò di cui non siamo consapevoli produrrà i suoi effetti nella nostra vita, in un modo o nell’altro. Dal punto di vista umano, le cose che vanno male sono di due tipi: esterne ed interne, e tra queste ultime la malattia. Entrambe sono pratica e le affrontiamo nell’identico modo. Etichettiamo i pensieri che vi costruiamo sopra e li sperimentiamo col corpo. Questo lavoro è la vera e propria pratica seduta. A parole sembra semplicissimo, ma farlo davvero è tremendamente difficile. Non conosco nessuno in grado di applicare la pratica in ogni circostanza, ma ne conosco alcuni che ci riescono il più delle volte. Se facciamo così, se alimentiamo la consapevolezza di tutto ciò che ci accade, interno o esterno che sia, la vita si trasforma. Acquistiamo forza e intuizione, e conosceremo momenti di vita illuminata, il che significa semplicemente vivere la vita così com’è. Non c’è alcun mistero.… segue …
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