Una scienza olistica deve partire da una metodologia sperimentale in cui per prima cosa lo sperimentatore consideri sé stesso una unità di coscienza e quindi sperimenti sé stesso come coscienza vuota o pura. L’osservazione non potrà mai essere veramente oggettiva e imparziale fino a che la scienza non comprenderà la natura dell’osservatore o testimone, essenza stessa della soggettività. In particolare, nell’ottica di un’osservazione globale dell’esistenza, dobbiamo considerare l’importanza del fatto che “si vede ciò che si conosce”. Uno scienziato che non abbia esperienza interiore di sé stesso in stato di consapevolezza fluida, e vuota non potrà riconoscere né comprendere la coscienza che anima ogni essere vivente e quindi diventerà creatore di una scienza separata dalla vita e potenzialmente distruttiva.
L’esperienza della meditazione intesa come coscienza vigile senza pensieri accomuna la quasi totalità delle grandi religioni orientali e delle antiche e moderne scuole di ricerca spirituale, ed è caratterizzata da una sincronizzazione delle varie aree del cervello e da una parallela sensazione di integrità psicofisica dell’essere.»
(Da: “Enciclopedia olistica”, Le colonne della nuova scienza olistica, di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli)
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