Se state cercando la verità, la realtà, Dio o comunque lo si voglia chiamare, suggerisco di iniziare dall’unica realtà di cui si è assolutamente certi – ovvero, il fatto del vostro stesso essere. Non c’è nessuno seduto qui che può dire “io non sono”. Ognuno di noi sa che “è”, ma quel pensiero “io sono” non è la realtà. È quanto di più vicino a essa si può raggiungere con la mente.
Questo «Io sono» è solo una traduzione da parte della mente di quel senso di presenza, la consapevolezza della presenza o la presenza di tale consapevolezza. Questa è l’unica realtà di cui siamo assolutamente certi. Nessuno in nessun caso può dire “io non sono”. Questa conoscenza è costantemente e sempre con noi, ed è per questo che diciamo che siete già quello che state cercando.
Noi basiamo ciò di cui parliamo qui su ciò che ci dicono le antiche tradizioni. Nell’Advaita, per esempio, lo chiamano non-duale; uno-senza-un-secondo. La parte uno-senza-un-secondo significa che perfino uno potrebbe implicare che c’è qualcosa di diverso da uno. Nelle Scritture Dzogchen lo chiamano non-concettuale, sempre fresco, auto-risplendente, presenza-consapevolezza, solo questo e nient’altro. E se si guarda a quello che dicono, è la descrizione di tu, io e tutto il resto.
Tutte le tradizioni vi diranno che è onnipresente, onnisciente, onnipotente. Cioè, tutto presenza, tutto conoscenza, e tutto potere. È stato sempre sottolineato nel corso dei secoli, e non c’è niente di nuovo. È ovvio ed evidente, e la semplicità stessa. Non ci può essere niente di più semplice dell’uno, eppure ci manca. Ci manca, puramente e semplicemente, perché cerchiamo una risposta nella mente.
Se mettete in discussione la mente, vedrete che la mente è tempo, e il tempo non può mai essere onnipresenza. Anche il concetto di “presenza” non è ciò che l’essere o l’attualità è, perché la presenza (come concetto) è il tempo: passato, presente e futuro.
L’idea stessa che ci sia qualcosa da cercare e qualcosa da cercare implica tempo, e il tempo è la mente. Ecco perché non troverete mai la risposta nella mente. Per la mente, presenza-consapevolezza non è una cosa. Essa non ha alcuna configurazione, non ha alcuna forma, non ha alcun tempo, non ha alcun spazio, non ha avuto alcun inizio o fine. Quindi è nulla. La chiamano «vacuità».
Quella presenza della consapevolezza è non-concettuale. Non è necessario tenere un concetto su di essa. È sempre fresca perché non ha inizio né fine. Risplende da sé come il sole. Brilla di se stessa. Non ha bisogno di una luce per dire “sto brillando”. E questo è quello che è, solo questo, da cui non si può sfuggire; non si può scappare dalla presenza-consapevolezza.
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– Fonte
Advaitavada |