Occorre crescere verso la vulnerabilità, la tenerezza, la duttilità della meditazione e allora soltanto l’uomo sarà degno del proprio nome. Siamo diventati monchi. Ecco perchè c’è tanta schizofrenia. L’uomo vive in uno stato più o meno nevrotico. Le nostre risposte sono inibite, le nostre percezioni condizionate. Non c’è alcuna spontaneità nella vita. Soltanto un processo meccanico di reazione in conformità con il condizionamento, la tradizione, le ambizioni, i movimenti personali e così via.
La bellezza dell’azione è perduta. La spontaneità è perduta. Perciò la meditazione si è fatta importante per vivere oggi, per aiutare l’uomo a decondizionarsi, per aiutarlo a vedere quanto sia diventato nevrotico e stimolare in lui il desiderio di crescere in una dimensione della coscienza interamente nuova.
Bisogna dunque imparare a osservare i pensieri a mano a mano che vengono. Occorrerà dedicarci tempo, sedendo quietamente poco importa che lo si faccia nel modo orientale o in quello occidentale. L’unico requisito è che la spina dorsale e la nuca stiano diritte, cosicché il ritmo della respirazione e della circolazione sanguigna non venga disturbato. Occorre stare quietamente con se stessi per un po’ di tempo a osservare il movimento del pensiero, nello stato di osservazione.
Bisogna impararlo, perché, non appena vi ponete nello stato di osservazione, riemerge la vecchia abitudine dell’introspezione, della valutazione. In una frazione di secondo lo stato di osservazione può andar perduto: allora diventate il giudice, colui che fa, colui che esperisce. Bisogna educarsi di giorno in giorno. Che la si chiami disciplina, sadhana, autoregolazione o con qualsiasi altro come si preferisca, bisogna passare attraverso questa autoeducazione, imparare come si osserva. All’ inizio lo stato di osservazione dura una sola frazione di secondo, e poi interviene subito colui che esperisce, per cui lo stato di osservazione va perduto. Ciò accade ripetutamente e può durare diverso tempo. Non è facile quello stato di osservazione in cui non fate qualcosa, in cui non siete né attivi né inattivi, in cui non state oziando o nemmeno non facendo; in cui l’attività mentale dualistica è tenuta in acquiescenza e resta attiva soltanto l’osservazione, né colui che fa né colui che esperisce.
Allora tale stato di osservazione comincia a permeare le ore di veglia. Sia che cuciniate, sia che andiate in ufficio, “oppure mentre state parlando, lo stato di osservazione comincerà a permeare tutte le attività delle ore di veglia. Quando lo stato di osservazione viene mantenuto durante le ore di veglia, si diventa costantemente consapevoli, dal mattino alla sera, della sfida oggettiva: gli alberi, gli uccelli, i suoni, i palazzi intorno e il traffico che scorre per strada.
Si diventa consapevoli della situazione oggettiva – intensamente consapevoli. Oggi non siamo consapevoli; non stiamo attenti, nemmeno quando mangiamo o quando ci vestiamo, stiamo soltanto galleggiando suill’onda vischiosa della disattenzione, della distrazione, dei disturbi; senza slancio, frigidamente, siamo partecipi soltanto a metà di tutte le attività quotidiane da svegli o da addormentati, ed esse ci sfuggono.
Prestiamo attenzione soltanto ai nostri moventi, e perciò la percezione viene avviluppata e distorta dai moventi.
Quindi a ogni istante si bada a una frazione soltanto dell’unità percettiva; ma, quando lo stato di osservazione viene mantenuto, si rafforza la sensibilità, e dal mattino alla sera si è più consapevoli di prima. All’inizio non c’era alcuna consapevolezza. Soltanto occasionalmente la consapevolezza e l’attenzione venivano a voi. Adesso siete costantemente consapevoli, costantemente attenti, si rafforza l’attenzione, si acutizza la sensibilità, divenendo agile. Siete consapevoli di ciò che avviene sia fuori sia dentro di voi.
Se lo stato di osservazione non si espande in questa agile coscienza, in una rafforzata sensibilità e acutizzata attenzione, allora non stiamo osservando, stiamo soltano scivolando in uno stato di coscienza intorpidito. Non è osservazione, non è silenzio.
L’osservazione apre nuovi canali di energia, nuovi canali di attenzione e consapevolezza, sicché lo stato di osservazione che permea le ore di veglia sfocia in un decollo della coscienza. Prima eravamo consapevoli soltanto di un frammento dell’oggetto, qualificato e modificato dai nostri moventi, e anche le risposte erano condizionate dai moventi. Adesso guardate ciò che accade. Si è consapevoli della totale unità di percezione senza un movente, senza alcuna inibizione. Siete simultaneamente consapevoli di ambedue: a tal fine dev’esserci un decollo della coscienza dal precedente 1ivello di sfida e reazione.
L’impatto della mente subconscia collera, gelosia, repressione del pensiero che si manifestano sotto forma di reazione, è ancora lì, ma gli manca il pungiglione, gli manca la presa su di voi che distorce e travisa le vostre reazioni. Se e quando lo stato di osservazione arriva a permeare le ore di veglia, comincia a11ora a infiltrarsi in ciò che chiamate sonno. Lo stato di osservazione che si infiltra nei sogni è qualcosa di meraviglioso. Esser consapevoli del sonno così come lo si è della veglia e non si tratta di poesia, e così. Accade.
Da: Brani sulla meditazione. Parte di un discorso tenuto da Vimala Thakar a Matheran. Traduzione a cura di Mauro Bergonzi. Tratto dalla rivista “Yoga” n. 34, organo della Federazione Italiana Yoga. Fonte web
Vimala Thakar nata in India, studia filosofia orientale e occidentale all’Università di Nagpur. In seguito partecipa attivamente al Bhudan Yajna, il movimento di ispirazione gandhiana fondato da Vinobha Bhave.
Nel 1956 incontra Krishnamurti, il maestro che imprime una profonda svolta al suo pensiero e alla sua crescita intcriore, portandola ad abbracciare la vita “senza scopo e senza direzione” cui si sentiva spinta fin dall’infanzia. Dal 1962 è impegnata in un’intensa attività di conferenze e incontri sulla meditazione in Oriente e in molti paesi europei, tra cui l’Italia.
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