La crescita verso una dimensione non cerebrale è preceduta dall’incontro con la mente condizionata, il conscio, il subconscio e l’inconscio: un incontro niente affatto facile da sostenere, a meno che non si abbiano nervi d’acciaio. Non è facile trovarsi faccia a faccia con i contenuti del subconscio e dell’inconscio, con le discrepanze, le deficienze e le distorsioni nevrotiche del nostro modo di comportarci. Ecco perché bisogna gettare le giuste fondamenta e possedere un organismo fisico puro e sano. …
Dato che dobbiamo discutere di tante cose in un tempo così breve, ora posso parlarvi soltanto delle fondamenta.
Molti si affrettano a risvegliare poteri senza prima equipaggiare il proprio sistema nervoso e muscolare con la forza della purezza, senza gettare le fondamenta di un ordine interiore. Si precipitano a stimolare poteri ed esperienze attraverso droghe che espandono la coscienza (come l’LSD, la mescalina e affini), oppure cantando mantra, concentrandosi o ricorrendo, all’aiuto di qualche adepto tantrico che indulge nello shaktipat, per stimolare e risvegliare la kundalini e aprire i chakra.
Qualsiasi sia la loro via, se si precipitano a stimolare poteri senza “equipaggiare” il proprio sistema nervoso con la forza della purezza, cadono in qualcosa di molto pericoloso e molto scientifico. Ecco perché la mia prima raccomandazione è: “gettate le giusta fondamenta. Questo corpo, questo stupendo, complesso, ricco strumento che abbiamo, scoprite se è in grado di sopportare l’intensità della meditazione, di quel movimento disinibito della coscienza con l’armonia con la coscienza universale.
L’intensità di quel movimento disinibito non è sempre comparabile alla intensità di pensieri ed emozioni, che sono movimenti cerebrali, pulsazioni, e sono stati misurati e controllati. Il movimento della meditazione, l’infinito movimento della vita ha una qualità di spinta interamente diversa. E’ qualitativamente differente dal movimento di impulsi come la pulsazione sessuale, l’appetito, il sonno. Pensieri, sensazioni, sentimenti hanno il loro proprio movimento, il loro proprio meccanismo incorporato nel sistema, nei riflessi biologici. La meditazione ha una spinta qualitativamente diversa dai pensieri. È molto più intensa, la sua profondità, intensità, è incommensurabile per la mente. Ecco perché le fondamenta di purificazione dell’intero sistema sono assolutamente necessarie; non in un senso puritano, ma con l’aiuto di un approccio scientifico.
Tutto questo bisogna scoprirlo per conto proprio, non sono possibili regole standardizzate per tutti gli esseri umani.
Una volta dato per scontato. che sia fatto ciò, il secondo passo è prendere dimestichezza con il movimento della mente. Il movimento fisico o la capacità di movimento fisico non costituiscono una barriera nel sentiero della meditazione, ma il movimento cerebrale può diventare un ostacolo; perciò bisogna comprendere che cos’è la mente. Bisogna prendere dimestichezza con l’anatomia della mente, la chimica di pensieri ed emozioni, come un pensiero si muove, come si muovono i riflessi, come essi controllano le percezioni, le risposte alle situazioni, come regolano la propria relazione con gli altri. E a tal fine, bisogna imparare che cos’è l’osservazione.
Se io sono colui che esperisce, allora verrò coinvolto nel processo di esperire e non sarò capace di osservare il movimento della mente. Dunque bisogna apprendere la scienza e l’arte dell’osservazione, non interpretare non analizzare, non paragonare, non giudicare, ma avere la consapevolezza del movimento della mente nello stesso modo in cui siete consapevoli del tramonto del sole.
Mentre sedevamo per qualche minuto in silenzio, dovete aver notato il pianto di un bambino. La mente faceva resistenza? Se la mente resiste allora c’è una frizione, e la frizione sfocia in una reazione. Così la resistenza porta alla frizione, la frizione sfocia nella noia e nell’irritazione, e lo stato di osservazione va perduto. Ogni reazione nasce dalla resistenza. Non ci sarebbe alcuna reazione se non ci fosse resistenza alla vita: dunque non resistete, non esperite, essendo l’esperienza una forma molto sottile di resistenza.
Avete mai notato le resistenze agli eventi della vita? Esse si convertono in esperienze perché l’emozione crea una resistenza, una divisione. Voi volete interpretare l’evento, identificarlo, riconoscerlo, valutarlo, dargli un’etichetta e collocarlo nella memoria sotto qualche categoria, in modo che tale esperienza vi sia utile per un’ulteriore interpretazione degli eventi. Desideriamo avere una difesa, e le esperienze sono parte del meccanismo di difesa, così come lo è la conoscenza.
Abbiamo paura di essere esposti alla vita, di vivere in uno stato di innocenza, di assoluta, incondizionata, vulnerabilità al nudo tocco della vita così com’è, e di lasciare che le risposte vengano da sole.
Vogliamo coltivare le resistenze, acquisire risposte sotto forme di esperienza, immagazzinarle nella memoria, cosicché si possa aprire il cassetto o lo schedario della memoria, riferirsi a esso ogni qual volta ci sia una sfida e tirar fuori la risposta condizionata.
La memoria è una specie di pareggio bancario. Come la gente vuole un saldo bancario sotto forma di denaro, così vuole un saldo bancario sotto forma di esperienza, indipendentemente dal fatto che si comprino, si prendano in prestito o si rubino esperienze!
Avete notato quanto è monca, sbilanciata la crescita nell’uomo? Egli ha raffinato il cervello perdendo l’eleganza della semplicità; ha perso la capacità di guardare le cose senza nessun movente, con innocenza, senza trasformare l’atto e l’oggetto di osservazione in un mezzo volto a un fine.
L’eleganza, la bellezza della semplicità e dell’innocenza sono perse per l’uomo.
Da: Brani sulla meditazione. Parte di un discorso tenuto da Vimala Thakar a Matheran. Traduzione a cura di Mauro Bergonzi. Tratto dalla rivista “Yoga” n. 34, organo della Federazione Italiana Yoga. Fonte web
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