Vorrei disinfestare la parola “meditazione” da tutta una serie di associazioni. È un movimento non cerebrale, un movimento della coscienza individuale, ma non del cervello condizionato, non di quella parte del cervello che è inibita dal condizionamento derivante dall’educazione, dalla cultura, dalla civiltà e dai fattori socio-economici della vita.
Il cervello, un organo fisico. una parte dell’organismo biologico, è tanto condizionato quanto il resto dell’organismo fisico. Esistono schemi cerebrali di comportamento. C’è una specie di “corpo” cerebrale cristallizzato, un corpo psicologico. E’ invisibile e si esprime attraverso parole, movimenti fisici e così via.
La meditazione è un movimento non cerebrale della coscienza umana, in armonia con il ritmo della vita interna, esterna e circostante. Non può costituire un mezzo rivolto a un fine. La concentrazione può essere un mezzo per un fine. La concentrazione può rilassare i nervi, lenire la psiche travagliata, creare un equilibrio chimico nel corpo; stimolare poteri latenti della mente ed esperienze non sensoriali. Tutto ciò può accadere attraverso la concentrazione.
E chi vive in una società altamente industrializzata, sottoposto ogni giorno una tremenda tensione nervosa, pressato da una molteplicità di stress neurologici e chimici, ha veramente bisogno dell’arte della concentrazione, di sviluppare poteri, di acquisire esperienze, di acuire e rafforzare la sensibilità, di affinare e purificare gli organi cerebrali. Se si vuole, si può seguire questa via. Ma può darsi che la concentrazione volta allo sviluppo dei poteri non porti a una trasformazione radicale della qualità della vita, non abbia alcuna presa sul tessuto della nostra relazione con gli altri esseri umani.
La concentrazione può dunque stimolare poteri, esperienze, rendere potente una persona, e a chi è nei guai, a chi è stanco di piaceri sensoriali, a chi vive in una sicurezza economica e politica, piace molto girovagare nei mondi astrali, nell’occulto, ottenere esperienze non sensoriali, acquisire poteri trascendentali e così via.
È un gioco, una gara nel mondo extra-sensoriale, e lo spirito di avventura crea una compulsione interna a cercare tali esperienze. Nulla di male, premesso che si abbia ben chiaro il proprio scopo. La vita è fatta per avventure ed esplorazioni.
La concentrazione non ha assolutamente nulla a che fare con la religione, la spiritualità, la scoperta della Verità, la meditazione, la Liberazione o il Nirvana. Va nella direzione assolutamente opposta: rafforzare la coscienza dell’io, incrementare la sensibilità della coscienza dell’io, ampliare la sfera delle esperienze e approfondire la sfera della penetrazione cerebrale.
Perciò bisogna disilludere la propria mente su che cosa sia la meditazione. Essa non implica alcuna avventura romanzesca. È un trascendimento del cervello condizionato. È la crescita di una persona verso una dimensione della coscienza interamente nuova dove l’esperienza di sé giunge a termine; dove per chi esperisce, la coscienza dell’io, dell’ego è mantenuta in completa sospensione, in totale acquiescenza; dove i confini spazio-temporali in cui la coscienza dell’io si muove di momento in momento, si dissolvono nel nulla; dove la dualità giunge a termine; e la frammentaria relazione di soggetto-oggetto con la vita viene completamente a cadere.
A meno che non si abbia l’urgenza di scoprire che cosa c’è al di là della mente, di trovare ciò che è al di là del cervello condizionato, al di là di chi esperisce e dell’atto di esperire, al di là dell’atto di osservazione e dell’osservatore, del pensiero e di chi pensa, ciò che è al di là di spazio e tempo, al di là di tutti questi simboli, al di là dei comportamenti cerebrali; a meno che non ci sia l’innata passione di cercare di scoprire per conto proprio, non si sarà equipaggiati per vivere la via della meditazione.
Da: Brani sulla meditazione. Parte di un discorso tenuto da Vimala Thakar a Matheran. Traduzione a cura di Mauro Bergonzi. Tratto dalla rivista “Yoga” n. 34, organo della Federazione Italiana Yoga. Fonte web
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