Cominciò così per il giovane filosofo una vera iniziazione al metodo dell’orazione esicastica. La prima indicazione che gli venne data concerneva la stabilità. Un buon abbarbicamento al suolo. Effettivamente, il primo consiglio da darsi a chi vuole meditare non è di ordine spirituale, ma fisico: siediti.
Sedersi come una montagna vuol dire anche prendere peso: essere pesante di presenza. I primi giorni, il giovane faceva fatica a rimanere così, immobile, le gambe incrociate, il bacino leggermente più alto delle ginocchia (è in tale posizione che aveva trovato maggiore stabilità). Una mattina sentì realmente che cosa voleva dire “meditare come una montagna”. Era là con tutto il suo peso, immobile. Silenzioso, sotto il sole, era una cosa sola con la montagna. La sua nozione del tempo era completamente cambiata. Le montagne hanno un altro tempo, un altro ritmo. Essere seduto come una montagna è avere l’eternità davanti a sé e l’atteggiamento giusto per colui che vuole entrare nella meditazione; sapere che c’é l’eternità dietro, dentro e davanti a sé. Prima di costruire una chiesa, doveva essere pietra, e su questa pietra (questa imperturbabile solidità della roccia) Dio poteva costruire la sua chiesa e del corpo dell’uomo fare il suo tempio. É così che comprendeva il senso della parola evangelica: “Tu sei pietra e su questa pietra edificherò la mia chiesa”. Rimase così parecchie settimane. La cosa più dura era passare ore e ore “a far niente”. Bisognava imparare di nuovo ad essere, semplicemente ad essere, senza scopo né motivo. Meditare come una montagna era la meditazione stessa dell’Essere, “del semplice fatto di essere”, prima di ogni pensiero, di ogni piacere e di ogni dolore.
Padre Serafino lo andava a trovare ogni giorno, condividendo con lui i suoi pomodori e qualche oliva. Malgrado questo regime così frugale, il giovane sembrava aver preso peso. La sua andatura era più tranquilla. Pareva che la montagna gli fosse entrata nella pelle. Sapeva prendere tempo, accogliere le stagioni, mantenersi tranquillo e silenzioso come una terra a volte arida e dura, ma anche, certe volte, come un versante di collina che attende il raccolto. Parimenti, meditare come una montagna aveva modificato il ritmo dei suoi pensieri. Aveva imparato a “vedere” senza giudicare, come se avesse dato a tutto ciò che cresce sulla montagna il “diritto di esistere”. Un giorno, alcuni pellegrini, impressionati dalla qualità della sua presenza, scambiandolo per un monaco gli chiesero una benedizione. Egli non rispose, imperturbabile come la pietra. Avendolo saputo, la sera stessa Padre Serafino cominciò a bastonarlo di santa ragione… Allora il giovane cominciò a lamentarsi. “Ti credevo diventato stupido come i ciottoli della strada… La meditazione esicastica ha il radicamento, stabilità della montagna, ma il suo fine non è di fare di te un ceppo morto bensì un uomo vivo”. Prese il giovane uomo per il braccio e lo condusse al fondo del giardino dove fra le erbe selvagge si poteva vedere qualche fiore. “Ora, non si tratta più di meditare come una montagna sterile. Impara a meditare come un papavero, ma non dimenticare per questo la montagna…”
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