“La meditazione insegna […] che quando non si ha nulla, si danno più opportunità all’essere. È nel nulla che l’essere brilla in tutto il suo splendore. […] Quel che ascolto nella meditazione è: «Fermati! Guarda!». […]
Quanto più osserviamo noi stessi, più si sgretolano le nostre convinzioni su di noi e meno sappiamo chi siamo. Ci si deve mantenere in tale ignoranza, sopportarla, diventarne amici, accettare che siamo perduti e che abbiamo vagato alla cieca. […]
Risvegliarsi è scoprire che siamo in una prigione. Ma risvegliarsi è anche scoprire che quel carcere non ha sbarre e che, a rigore, non è propriamente una prigione. Allora cominciamo a chiederci: perché ho vissuto rinchiuso in un carcere che non è tale? E andiamo alla porta. E usciamo. Fare meditazione è il momento in cui usciamo. È scoprire che la porta non è mai stata chiusa, che sei tu ad averla chiusa a doppia mandata. […]
Sicché smetti di guardare la porta che tu stesso hai creato […]: alzati e renditi conto che lì non c’è mai stata nessuna porta. In buona misura possiamo fare quel che vogliamo e, se non lo facciamo, è precisamente perché non comprendiamo o non vogliamo intendere una cosa tanto elementare. […]
Abbiamo creduto che i nostri problemi eravamo noi, per questo ci costa tanto disfarcene. Temiamo di perderci, ma dobbiamo perderci. Quando non ci afferriamo a niente, voliamo. […]
Tu sei il principale ostacolo. Smetti di intralciarti da solo. Togli di mezzo tutto quel che puoi e, semplicemente, comincerai a scoprire il mondo. […]
Da quando ho scoperto il potere della meditazione, ho cominciato a mostrare […] la vulnerabilità […] che io mi sono tanto sforzato di nascondere al mondo prima di iniziare a meditare. Questa pudica esposizione delle mie debolezze si è rivelata un modo molto efficace per far fronte al culto della mia immagine in cui avevo vissuto fino ad allora. Parlare della propria vulnerabilità, renderla manifesta, è l’unico mezzo per consentire agli altri di conoscerci davvero e, di conseguenza, poterci amare.
In un modo o in un altro, meditando si lavora con il materiale della propria vulnerabilità. […] Nella meditazione non c’è […] uno spostamento significativo da un luogo a un altro; c’è piuttosto l’insediarsi in un non luogo. […]
La via è osservare la mente. Perché? Perché mentre si osserva, la mente non pensa. Sicché irrobustire l’osservatore è il modo per liquidare la tirannia della mente, che è quella che marca la distanza tra il mondo e me. […]
Per la via dello svuotamento a cui conduce la pura osservazione […] si va approdando all’unione con il proprio essere […].
Quanto più osservi, più accetti” (pp. 46-57).
– Da Biografia del silenzio di Pablo d’Ors
– http://www.lameditazionecomevia.it
– http://it.wikipedia.org/wiki/Pablo_d’Ors
– Pablo d’Ors – Amazon