“Ci può parlare del sentire?
Non ci può essere niente altro. La vita è solo sentire, cuore delle cose. L’errore è pensare di sentire. Quando si dice «Io sento», si è in un’immagine. Nel sentire, non c’è nulla di sentito e nessuno che sente: c’è la vita. Per questo numerose tradizioni hanno sviluppato arti di ritorno alla percezione nelle quali il pensiero è poco presente. La riflessione, l’intenzione, la strategia, ne sono assenti. Le arti come la musica, la danza ecc., sono l’evocazione più profonda del sentire. Non si può pensare e disegnare al tempo stesso, altrimenti si fanno degli scarabocchi. È la stessa cosa per la danza, il canto. […]
Sopprimete l’idea che ci sia qualcuno che sente e, per la gioia dell’esperienza, smettete di pensare che ci sia qualcosa che sentite. Resta una percezione, nel vostro corpo, con una macchina, con una donna… Un’emozione appare, di gioia, di tristezza, una forma di leggerezza o di pesantezza, è piuttosto caldo, è piuttosto freddo, è amaro, astringente, in espansione, in formicolio… Ascoltare è straordinario. In quest’ascolto, vi renderete conto che, magicamente, quel che pensavate di ascoltare nell’altro, lo se ntite in voi. Prima constatazione. Quando accarezzate il ginocchio di una donna, è la vostra mano che sentite.
Vi rendete conto che non potete mai sentire un ginocchio, ma solo la vostra mano, la mano diventa disponibile alla sua sensibilità. Quando trasponete, la mano, il corpo, il petto, il ventre diventano veramente disponibili e la mano si eliminerà. A quel punto sarà rimasto solo il ginocchio o il ventre o il contatto con la donna. Vedrete che questo contatto vi penetrerà come uno sbadiglio. Vi penetrerà al punto che non ci sarà più né donna, né mano né ginocchio… Quando non c’è più né ginocchio né mano, c’è un vero contatto. […] Nessun libro potrà darvi la chiave di questo […].
Dovete prendere coscienza che, quando toccate, c’è proiezione. Lasciate che la vostra percezione corporea sia presente a se stessa. Ci sarà solo l’altro, che eliminerà a sua volta. Quando non ci sarete più né voi né l’altro, potrete scrivere il vostro trattato metafisico. Tutte le maniere sono giuste, è questo che bisogna ritrovare. […]
Non c’è la situazione da una parte e il corpo dall’altra. Tutto quello che potrebbe sembrarci esterno è solo visione frammentaria. […] Il nostro corpo non è un caso. Non si può capire, non si può interpretare: lo si deve ascoltare. […]
Il corpo deve essere ascoltato, amato. Amare vuol dire non sapere niente, non volere niente. Siete denudati da ogni comprensione, da ogni intenzione, e lasciate parlare il corpo. Perché il corpo parli, ci vuole il silenzio. Intanto che sapete qualcosa, il corpo tace. Tornate al silenzio della volontà, del sapere. In questo silenzio […] il corpo vi parlerà. Lascerete il concetto di corpo e un calore, una freschezza, una vibrazione, una tattilità si schiuderà. […]
Se ascoltate la tattilità del corpo […] resta un dinamismo non pensabile. Lascerete la filosofia ai filosofi. Resterà una leggerezza. L’importante è la facilità di vivere. Solo il nostro sapere è difficile. Quando familiarizzate con un non sapere, siete sempre adattati, nessuna situazione è seccante, quello che vi disturba non vi colpisce più psicologicamente” (pp. 243-245).
– Da: Yoga tantrico. Asana e pranayama del Kashmir – Eric Baret
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– http://www.lameditazionecomevia.it
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