Nathalie, la strada che hai percorso è affascinante. Da un lato, una professione e una vita familiare, che è abbastanza standard per una donna occidentale e dall’altra parte un percorso per il risveglio … che non è molto tipico per una donna occidentale! Come sei riuscita a combinare le esigenze della vita quotidiana e della pratica spirituale? Come sei riuscita a seguire un percorso di tale profondità mentre tenevi dietro alle cose di tutti i giorni allo stesso tempo?
È essenziale non separare le due cose, perché la realtà è una. Non ci sono due realtà, una realtà spirituale da una parte e realtà quotidiana dall’altra. Direi invece che c’è la vita reale, e poi c’è il mio sogno. In realtà dover rimanere coinvolti nell’attività quotidiana in tutte le sue forme è un ottimo modo per evitare fantasie di realizzazione. Le sfide della vita quotidiana, come un insegnante implacabile, mi mostrano il mio livello di realizzazione in ogni singolo istante. Se la minima situazione diventa un problema, questo dimostra che non sono libera e ringrazio la realtà per avermi dato la possibilità di vederlo. La pratica essenziale è vedere noi stessi con grande onestà mentre lavoriamo in ogni situazione che la vita offre. Cioè vedere che sto lottando con la realtà pensando che dovrebbe essere diversa. Sentire l’impatto fisico e psichico di questa resistenza. Poi, scoprire un cuore leggero quando vado d’accordo con gli eventi e non mi difendo. L’affaticamento deriva raramente dall’attività stessa, ma piuttosto dalla mia resistenza.
Cosa significa la realizzazione per te? Come possiamo immaginarla quando non ne abbiamo avuto l’esperienza?
È essenziale evitare la proiezione su un argomento che è un territorio fertile per l’immaginazione. Meglio stare con “Non lo so”. L’esperienza non è un oggetto, non può essere inserita in una cornice obiettiva. Più vicino alla verità sarebbe dire che è l’essere, senza nessuno lì a reclamare l’ineffabile qualità della presenza. È pura presenza – un grande io, senza limiti – uno stato vivente di espansione che non può essere racchiuso in nessuna struttura.
Possiamo avere un risveglio? Viene dalla grazia o dalla pratica costante?
È un errore pensare che diventeremo o che faremo qualcosa di speciale. Quando parliamo di realizzazione o di risveglio, dobbiamo capire che ci si sta svegliando a ciò che è già lì: la realizzazione della nostra vera natura, uno con quella dell’Assoluto, come è sempre stato. Lavorare duramente per ottenere qualcosa è un progetto personale. La persona deve
scomparire, insieme al desiderio di trovare qualcosa, per vivere in una pura felicità naturale. La verità ci chiama continuamente, ed è importante scoprire come lasciarsi prendere dalla chiamata. Ci rendiamo disponibili quando non offriamo resistenza alle situazioni della vita e siamo in grado di lasciarci andare in uno spazio di presenza, al di fuori della struttura rassicurante del conosciuto. La mia capacità di svuotarmi da ogni aspettativa specifica creerà lo spazio necessario alla manifestazione della grazia. È lì, al lavoro ovunque, ma non riesco a vederla o a viverla finché sono nella cornice del mio pensiero. Devo essere aperta a qualcosa di non verbale e enormemente più vasto di qualsiasi cosa io possa proiettare.
Chi sono i tuoi insegnanti e quelli che ti hanno ispirato o ti hanno mostrato la via?
La mia insegnante principale è la realtà. Nel momento in cui mi allontano dalla sua verità, la sensazione di appagamento scompare e inizia la preoccupazione. Alcuni esseri straordinari sono stati in grado di mostrarmi una prospettiva vera, e di trasmettere preziosi yoga per incontrare la verità del corpo e della mente, nei suoi molteplici aspetti, dal più grossolano al più sottile. Questi yoga, che possono essere trasposti in ogni situazione della vita, quotidiana ed emotiva, hanno trasformato la mia vita in una pratica immensa che essa continua ad approfondire. Non sento di essere arrivata da nessuna parte. So di essere in un viaggio che non ha fine. Il cuore è un abisso senza fondo e dentro l’essenza del tuo cuore è possibile morire sempre un po’ di più. Oggi la mia fonte di ispirazione è lo spazio del cuore, senza immagini o metodi, in una chiarezza sempre più radicale.
Cosa significa essere una donna per te?
Non ha un significato speciale. Sento che lo sono, senza bisogno di appartenere a un genere. A volte sorge un’attività la cui qualità può essere definita femminile, ma è una colorazione che passa. Non c’è un movimento interiore che cerchi di rivendicare questa qualità. Il momento successivo, una qualità che potrebbe essere chiamata maschile si mostra. Chi sono? Una donna e l’intero universo allo stesso tempo. Non ho più bisogno di sentirmi esistere attraverso una colorazione. Mi sento semplicemente di essere, a monte di ogni descrizione. Questa presenza nuda è così palpabile e così piena di sostanza che annienta tutto il bisogno di limitarsi ad una qualità.
Ci sono due Nathalie – l’insegnante e la donna di tutti i giorni?
C’è un’infinità di Nathalie, e c’è una presenza unica nel cui seno si fondono tutti le Nathalie. Questo è il paradosso di ogni essere umano. Possono sembrare contraddittori e intellettualmente incompatibili, ma questi due aspetti sono esperienze vissute, interne ed
esterne, coesistenti simultaneamente e incapaci di escludere qualsiasi cosa. Mi sono resa conto che è naturale e facile inserirsi in questa presenza completa che può assumere ogni funzione con assoluta integrità, senza essere influenzata dalla funzione stessa. Sono una e più allo stesso tempo. Tutta la bellezza e l’insondabile follia della vita è in questo.
Come condividi la tua esperienza con tua figlia? La inviti a meditare? Come credi che veda sua madre?
Cerco di trasmetterle, attraverso l’esempio, che non devi chiuderti in un’identità per esistere. La incoraggio a osservare tutto, senza preconcetti o giudizi, in uno spirito di costante scoperta. Da quando era molto piccola, ho stimolato il suo senso di meraviglia dedicando tempo per guardare con lei ogni aspetto della vita, senza cercare di imporre la mia conoscenza. La incoraggio a essere veramente se stessa, con la realtà delle sue potenzialità, e ad apprezzare ciò per quello che è, senza sottovalutare o sopravvalutare. Soprattutto le do il suo spazio per fare i suoi esperimenti, e qualunque cosa accada, le mostro che è un’occasione perfetta per conoscersi e conquistare più libertà. Mi vede come sua madre quando ha bisogno di essere mia figlia, ma è anche in grado di avere una relazione in cui madre e figlia scompaiono. E poi è pura gioia stare insieme ed esplorare tutte le situazioni della vita, dalla più complessa alla meno seria. In momenti come questi è tanto lei mia maestra quanto io sua. Cerco più che posso di evitare qualsiasi ossessione, qualsiasi ruolo rigido per ognuno di noi, e questa è un’arte ogni secondo.
Insegni la tradizione non duale dello Shivaismo del Kashmir. Come definisci la natura speciale della tua trasmissione?
Se è vero che c’è una risonanza, non posso però dire di insegnare la tradizione shivaita come tale. La mia connessione con essa è essenzialmente intuitiva. Il suo particolare approccio – attraverso i sensi, le emozioni, la bellezza e la meraviglia – la rende un percorso naturale per un artista come me. Ha ispirato la mia vita e il mio insegnamento per così tanti anni che non riesco più a dissociarmi davvero da tutto ciò. E trasmetto questo nel modo in cui lo vivo, organicamente, non intellettualmente. Non c’è enfasi sulla dottrina tantrica; più e più volte torno all’esperienza pratica. Il mio compito è quello di risvegliare la qualità intuitiva del ricercatore, quindi l’abitudine di vivere di credenze e informazioni di seconda mano diminuisce poco a poco. Sai, sento soprattutto di essere un essere umano che ha trovato la verità della sua essenza e che si meraviglia della bellezza e della giustezza della realtà. Alla fine il mio insegnamento non propone nient’altro che un ritorno a ciò che è vero dentro di noi ed è anche inseparabile dal tutto – un ritorno alla profondità e alla ricchezza della realtà.
Cosa puoi trasmettere ai ricercatori nei tuoi seminari?
Posso dare loro questo: il desiderio di affrontare la realtà delle proprie reazioni, emozioni e sensazioni così come sono, usando strumenti che possono essere applicati nella vita di tutti i giorni. Esplorazioni semplici ma dettagliate del corpo, del movimento, delle sensazioni. In questo modo le persone si rendono conto che la tensione e le preoccupazioni si calmano naturalmente quando non c’è più alcuna intenzione di trasformare ciò che è realmente lì. Sperimentano una vasta presenza che abbraccia le cose invece di respingerle. Il movimento che li spinge a cercare al di fuori di se stessi inverte la direzione e aumenta la sensazione di fiducia. C’è una fioritura della maturità che non vuole nient’altro che ciò che la vita offre di momento in momento. In queste condizioni il cuore può essere riconosciuto. Cerco di portarli a toccare il grande silenzio che si trova sotto la produzione o la non-produzione dei pensieri. Questo silenzio è ciò che contiene questi due stati mentali e che li unisce. Quindi, per esperienza diretta, scoprono che la loro stessa natura è il silenzio, e che non è il risultato di alcuno sforzo, ma che invece viene riconosciuto attraverso un profondo rilassamento e accettazione. Quando non sono più in uno stato di lotta con la realtà, questo vero silenzio li tocca, perché è la fonte di tutto.
Nell’ultimo ritiro di Rastenberg, ci hai invitato ad ascoltare costantemente la vita. Com’è possibile fondere questo ascolto con la volontà personale di dare forma alla tua vita?
La volontà è una tensione, una specie di aggressività verso la vita. Più mi apro ad un ascolto più grande, senza altra intenzione che scoprire ciò che è, più mi rendo conto che non è necessario dare forma alla mia vita. La mia vita è sempre uniformata alla verità del momento. Per scoprirlo, la necessità di interferire in base a ciò che credo di sapere deve svuotarsi. Con l’ascolto non selettivo, ho accesso a un’intelligenza completa che si adatta perfettamente all’ambiente e alle mie possibilità. Non c’è più distanza tra ciò che voglio e ciò che è. Nel mio desiderio di fare qualcosa della mia vita secondo i miei standard, c’è tensione e frustrazione, e queste si dissolvono. Sono felicemente presente allo svolgersi ininterrottamente sorprendente di una vita non proiettata. Scopro il gusto unico della libertà di essere, in completa interezza, al centro del grande gioco della realtà.
Nathalie, ci hai detto che dobbiamo fare le cose gratuitamente, solo per la bellezza dell’atto.
Puoi dirci di più su questa gratuità?
Agisco per il bene dell’azione stessa. Io onoro la vita con la mia presenza totale nell’atto, senza proiettare alcun risultato. Non ho altra aspettativa di ciò che offre il momento. Per trovare leggerezza e armonia nell’azione, è più semplice non essere due. Quando non c’è nient’altro che presenza nell’azione, c’è un sentimento di unità e rettitudine molto rilassante per il corpo e la mente. L’azione si dissolve nel momento, non ci sono residui. Fare, senza aspettarsi alcun risultato, porta ad un grande rilassamento e riporta alla nostra vita. Siamo aperti a tutte le opzioni e queste sono sempre una sorpresa. Non c’è più un senso di successo o di fallimento.
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– Da: Intervista a Nathalie Delay (Giugno 2016) di Roswitha Sirninger (traduzione italiana di Gianfranco Bertagni)
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