Quando gli esercizi di respirazione e la meditazione alleviano le sofferenze. “Proprio nel momento in cui la professione medica si era lavata le mani di me, e io pure di loro, proprio quando mi sentivo condannato a un ergastolo di dolore cronico, ecco che qualcuno mi propose una soluzione alquanto originale: siediti, mi disse, e respira. Mi sono seduto. Ho respirato. Sulle prime mi è parso un esercizio noioso, anzi fastidioso, e senza risultati immediati.
Col passar del tempo, però, si è rivelato così stimolante e rigenerante, sia sul piano fisico che mentale, da farmi pensare che il male che mi aveva colpito era stato addirittura un colpo di fortuna.”
Il libro ripercorre gli scorsi quattro,cinque anni della mia vita, tanto difficili quanto emozionanti, l’insorgere di una spiacevole condizione cronica di salute, un’odissea medica, una crescente consapevolezza di quanto ciò che mi stava accadendo fosse riconducibile ad ogni aspetto della mia vita e della mia psiche.
Poi, quasi inaspettatamente, la chiave che mi ha aperto la via d’uscita da questa prigione.
Il dottore ayurvedico
(estratto da “Insegnaci la quiete”)
Mi ci vuole del tempo per raccontare tutto. Il dottore porta camicia e cravatta e mi ascolta con attenzione; la moglie-segretaria (così l’ha presentata) è seduta accanto a lui.
“Ricapitoliamo. L’urologo vuole operarmi, ma avendo sentito il referto del radiologo riguardo l’urogramma, io non sono più tanto convinto. Non ci sono elementi che puntano a una patologia della prostata. D’altro canto, i sintomi si aggravano di giorno in giorno. L’ultimo esame che mi resta è l’esplorazione della vescica. Per vedere se si tratta di cancro.”
La signora annuisce, prende appunti. È attraente, alquanto schiva, vestita all’occidentale. Il dottor Hazan aspetta qualche secondo prima di rispondere. Se l’avessi incrociato per strada, l’avrei preso per un giovane dirigente di una delle tante società di software che pullulano in una Delhi in piena espansione economica.
“Per alleviare il dolore, possiamo innanzitutto trattare i sintomi,” esordisce il dottore. “In quel caso prescriverei un clistere di olio di sesamo e varie erbe da trattenere nel colon il più a lungo possibile, non meno di quaranta minuti.”
Non apro bocca.
“D’altra parte…” Il medico appoggia la schiena e mi fissa negli occhi. Ha uno sguardo schietto. “…è un problema, questo, che lei non riuscirà mai a superare, Mr Parks, finchè non avrà affrontato la profonda contraddizione che mina il suo carattere.”
Ci resto di stucco: non mi ricordo di essere rimasto più sorpreso da una singola frase in vita mia.
“Ah,” non riesco ad aggiungere altro.
“C’è una lotta nella sua mente.”
Resto seduto in silenzio. Non ero forse alla ricerca di una storia diversa, capace di sfidare “la versione medica ufficiale”?
Eccola qui.
“Ma che cos’è esattamente che causa tutto questo dolore?” gli chiedo.
“Il suo vata è bloccato.”
“Si riferisce a un’energia che scorre nel corpo,” spiega la moglie. “Uno dei cinque elementi. Mantiene in equilibrio gli altri e ha bisogno degli altri, per il proprio equilibrio. Quando si verifica uno scompenso, allora il vata si blocca e produce dolore.”
“È la mente in lotta con se stessa che blocca il vata,” conferma il dottore.
Rifletto. “Ma per quale motivo lotta, di cosa si tratta?”
“Buona domanda!” sorride il dottore.
“Una lotta di questo genere non è provocata necessariamente da motivi particolari,” interviene la moglie. “Fa parte del prakruti.”
Mi spiegano che cos’è il prakruti: l’amalgama dei tratti ereditari e acquisiti che formano la personalità. Se questi tratti sono in conflitto tra loro e non riescono ad armonizzarsi, sono guai.
“In quel caso la persona ha l’impressione che la sua vita altro non è che un susseguirsi di dilemmi, intorno ai quali la mente lotta costantemente con se stessa. Si pensa: se solo potessi risolvere questo o quel dilemma, riuscirei a superare tutti i miei problemi. Ma ciascun dilemma è semplicemente la manifestazione di un conflitto più profondo.”
È una teoria complessa.
“Ammettiamo che lei abbia ragione,” concedo, “in quel caso come si farebbe a… sistemare la faccenda?”
Mentre parlo mi rendo conto che “sistemare” è la parola sbagliata. Chi se ne intende di medicina ayurvedica non l’avrebbe utilizzata.
Il dottor Hazan mi soppesa con lo sguardo. “Non esiste una prescrizione di cura. È difficile intervenire sul prakruti. Ma si potrebbe cominciare con una mappa astrologica.”
Avevo notato alcune pubblicazioni di astrologia in anticamera. Il dottore avverte il mio scetticismo.
“Lei non crede che siamo collegati alle stelle, Mr Parks?”
Scuoto il capo.
“Peccato. Ho aiutato molta gente in questo modo.”
Mi spiega che è specializzato nel trattare uomini d’affari che si dibattono nell’incertezza: magari hanno fatto un certo percorso di studi, ma gli viene offerto un lavoro interessante in tutt’altro campo. E non sanno cosa fare.
“Mi sembra una questione di mera convenienza e di buon senso.”
“A lei, forse, sì. Ma i miei pazienti non percepiscono il loro dilemma in questo modo. Per loro è qualcosa che logora in profondità. Che mette a rischio la salute.”
Silenzio. L’astrologia è un passo troppo lungo per le mie gambe. Sono ansioso di apprendere nuove storie, ma devono sembrarmi almeno credibili, o verosimili.
“Torniamo all’aspetto fisico.” Ma poi mi fermo: “Oppure mi sta dicendo che è tutto psicosomatico?”
Un lento sorriso si allarga sul viso del dottore. “Questo non è un termine che ci appartiene, Mr Parks.”
Lo fisso negli occhi, cercando di capire.
“Dice psicosomatico,” spiega la moglie, “solo chi crede che normalmente corpo e mente sono entità distinte.”
(Da: Insegnaci la Quiete – Tim Parks)
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