“Quando non c’è il meditante non c’è nulla su cui meditare. […]
La meditazione è la sorgente del movimento e del non-movimento. Perciò […] non è qualcosa che possiate fare. […]
Nella meditazione, il vivere è spontaneo. La vita scorre senza riferirsi ad un centro che controlla, ad un ego. […] Finché funziona questo controllo dell’individualità, non possiamo realizzare la vita spontanea, il non-stato dal quale sorgono tutti gli stati.
La meditazione è il fondale di ogni gesto, di ogni attività. […] La meditazione è la tranquillità dietro l’attività e così detta non-attività. […]
Sia semplicemente consapevole di essere quasi sempre nel fare, consapevole del fatto che controlla, produce, giudica, interpreta. Prenda nota del fatto che quando cerca di evitare qualcosa, anche questa è ancora un’attività, e appartiene alla cosa stessa che cerca di evitare. Non può avvenire alcuna trasformazione attraverso lo sforzo. […]
Quando comincia a rispondere alle sollecitazioni del silenzio, può essere chiamato ad esplorare l’invito. Questa esplorazione è una specie di laboratorio. Può sedersi a osservare il va e vieni delle percezioni. Resta presente ad esse ma non le segue. […]
Nell’assenza di agitazione, lei è preso allora dalla risonanza della tranquillità.
È come se fosse solo nel deserto. In principio ascolta l’assenza di suoni e la chiama silenzio. Poi può essere improvvisamente preso dalla presenza della tranquillità in cui lei è uno con l’ascolto. Questo spostamento della prospettiva le prova […] che non c’è meditante […]. Questa scoperta è il punto in cui l’intelletto arriva ad un arresto, e lei è preso da questo silenzio che è la tela di fondo di tutta la tavolozza delle percezioni. A questo punto, lei non avverte più il bisogno di sperimentare nel suo laboratorio. […]
Il nostro stato naturale è la tranquillità, ma lei si conosce soltanto nell’azione, che nasconde il fondale della tranquillità. […]
Quando è attento, vede che ci sono dei brevi istanti nella sua vita quotidiana in cui appare la tranquillità. Se lei non ignora questa tranquillità ma si lascia prendere da lei, essa la solleciterà sempre di più […].
In tal modo la meditazione la attira a sé. […]
L’interesse di sedersi in meditazione è semplicemente di trovare il meditante. Più cercate, più sarete convinti che non lo si può trovare. […]
Lei si prende per un meditante, un’entità nello spazio e nel tempo, e cerca di riempire questo isolamento meditando. […]
Quando, nella ricerca di se stesso, scopre che il meditante non esiste, […] lei arriva ad uno stato senza scopo, a un’apertura all’inconoscibile. Si crea un arresto nel dinamismo del produrre, e tutta l’energia proiettata e dispersa nella ricerca di risultati viene liberata e ritorna alla sua libertà naturale senza fissazioni o frontiere. Lei si trova allora in uno stato da cui sono spariti tutti i punti di riferimento conosciuti” (pp. 107-111).
– Dal testo di Jean Klein, Chi sono io?
– Jean Klein – macrolibrarsi
– Jean Klein – Amazon
– http://www.lameditazionecomevia.it