Dall’Hei-Ho-Kaden-Sho, il “Libro ereditario delle arti marziali” di Yagyu Munenori (XVII secolo):
“È una malattia essere posseduti dall’idea della vittoria o dall’idea della tecnica. È una malattia anche essere posseduti dall’idea di far vedere i risultati del tuo addestramento. […] È una malattia anche essere posseduti dall’idea di eliminare tutte queste malattie.
La malattia è uno stato in cui la mente si irrigidisce e si fissa, in qualsiasi situazione. Tutte le malattie di questo tipo derivano dallo stato mentale. […]
Fissare i propri pensieri sull’idea di rimuovere una malattia è solo un’altra malattia, […] essere posseduti dal pensiero che la mente non è sana è un pensiero fisso dello stesso genere, e pertanto una malattia. […]
Il livello più alto di addestramento mentale consiste nell’eliminare la malattia rinunciando a ogni sforzo per eliminarla. […]
Quando avrai completato un livello superiore di addestramento, ti libererai spontaneamente dai pensieri fissi senza sforzarti di farlo. Nel buddhismo, la prima cosa da evitare è la mente che si fissa. Un buddhista la cui mente non si fissa […] sarà sempre libero. […]
Un monaco buddhista domandò a un abate: «Qual è la via?». L’abate rispose: «La via è il tuo stato mentale ordinario». La risposta spiega qual è lo stato mentale con cui si può allontanare la malattia rimanendo malato, vale a dire, usando lo stato mentale naturale.
Lo stesso principio si applica a molte altre cose. Nel tiro con l’arco, se sei assorbito dal pensiero di colpire il bersaglio troverai difficile persino prendere la mira. Negli incontri di spada, se sei assorbito dal pensiero di assestare i colpi, troverai difficile controllare la spada. Nella calligrafia, se sei dominato dall’idea di tracciare i caratteri, il tuo pennello non si muoverà liberamente. O nel suonare il koto, se sei dominato dal pensiero di suonare stonerai.
Che cosa dovresti fare? Smettila di pensare che stai per colpire il bersaglio. Prenderai meglio la mira col tuo stato mentale ordinario. Con questa espressione si allude alla tua mente quando non stai facendo niente di preciso.
Colpisci con la spada, vai a cavallo, traccia i caratteri o suona il koto con lo stesso stato mentale naturale di quando non stai facendo nessuna di queste cose. […]
In qualunque campo, la vera via è ben altro che essere dominati dall’idea che ci sia un modo prestabilito di agire” (da: Kazumi Tabata, Tattiche segrete. Lezioni dai grandi maestri di arti marziali, pp. 21-23).
Così nella pratica meditativa si deve superare l’idea di raggiungere un traguardo e l’idea della meditazione come tecnica, esercizio. Una tecnica per risolvere i miei problemi, per annullare il mio stato di sofferenza. La meditazione è una modalità di esperire il tuo essere-vita, non un’esperienza tra le tante di esso. E la tua volontà di uscirne è parte della malattia, non la prova di una tua presunta elevatezza spirituale. Dietro vi è solo paura.
Sì, si deve partire da questa verità: siamo nella paura. Da questa originano i nostri sforzi.
E lo sforzo di farcela contrae, produce tensione: è l’impossibilità di fluire con il non-scopo. Un fluire che è proprio solo di una mente che è veramente lasciata andare.
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