I discepoli chiesero a Yajnavalkya di descrivere Dio. Rispose: «Il divino non è questo e non è quello» (neti, neti). Ovvero, il divino non è reale come siamo reali noi, e non è nemmeno irreale. Il divino non vive nel senso in cui gli esseri umani vivono e non è nemmeno privo di vita. Il divino non è misericordioso nel senso in cui noi usiamo il termine, e non è nemmeno privo di misericordia. E così via.
Non potremo mai veramente definire Dio con le parole. Tutto ciò che possiamo dire è: «Non è questo, e non è quello». Alla fine, per capire la natura del divino, bisogna andare oltre le parole. In questo senso, neti-neti non è una negazione. È piuttosto l’asserzione che qualunque cosa il divino sia, quando tentiamo di catturarlo con parole umane, inevitabilmente le parole ci vengono a mancare, perché la nostra comprensione è limitata ed è ancor più limitata la capacità delle parole di esprimere il trascendente.
(Dalla Brihadaranyaka Upanishad)
Commento
Solo una semplice considerazione. Nessun discorso organico o definitivo. La via per conoscere Dio passa dalla propria interiorità. Chi cerca direttamente all’esterno si sobbarca un lavoro gravosissimo che raramente avrà qualche risultato. Invece il nucleo del proprio centro più intimo è l’essenza stessa della divinità. …
– Mente, corpo e spirito (amazon)
– Meditazione e focalizzazione (amazon)
– Meditazione (macrolibrarsi)