«Avrete visto nei film i cow-boy che cercano di domare i vitelli selvaggi che scalciano, s’inarcano e lottano furiosamente senza stare fermi un solo istante. Bene, la mente è come quei vitelli: non vuole mai stare ferma a lungo su nessun oggetto particolare.
Questo succede perché fin dalla nascita le nostre menti sono state abituate a rincorrere gli oggetti esterni percepiti dai sensi: visioni, suoni, odori, sensazioni tattili e pensieri.
Nella meditazione ânapânâ ci si impegna a notare, a cogliere, ad osservare, ad essere coscienti di ogni singola espirazione ed inspirazione. Ciò serve a fornire un mezzo con cui la mente instabile può essere ricondotta a un particolare oggetto, o base, ed essere così messa sotto controllo.
Come un vitello selvaggio dev’essere legato a un palo per impedirgli di scappare via, così la mente dev’essere legata al palo della base del naso con la fune della consapevolezza di ogni espirazione ed inspirazione per renderla calma e stabile».
(Sayagyi U Ba Khin – perle.risveglio.net)
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