Una volta riconosciuta la necessità di un insegnante, dobbiamo trovarne uno che ci sia congeniale. A volte ci vuole una serie di tentativi, dato che non tutti gli insegnanti vanno bene per tutti. Qui il discernimento dell’allievo gioca un ruolo molto importante. Posto che è difficile valutare un insegnante sulla base di una prima impressione, ci sono comunque indizi chiari che ne sconsigliano la scelta. Ad esempio, se l’insegnante prende un tono di infallibilità, svaluta altri insegnanti o altre pratiche, si mostra reticente di fronte a una domanda approfondita fatta in buona fede, potrebbe essere il caso di rivolgersi altrove.
C’è un’altra caratteristica che consiglia prudenza. Alcuni insegnanti sono prontissimi a descrivere le proprie esperienze di illuminazione, si proclamano illuminati, o pretendono di possedere l’unica verità. Qui cade a proposito il famoso aforisma di Lao-tzu: “Chi sa non parla; chi parla non sa”. Il fatto stesso di ritenersi illuminati rischia di trasformare in ignoranza la comprensione raggiunta. Questa particolare forma di autoinganno viene considerata una fra le più difficili da smascherare. Nessuno è ‘arrivato’, e se un insegnante si considera un illuminato sarà molto meno disponibile al confronto, specialmente se rischia di compromettere la sua immagine di ‘maestro’. Dobbiamo tenerlo presente nel momento in cui cerchiamo un insegnante, perché in tutti noi c’è una parte che vorrebbe essere salvata da qualcuno che si proclama illuminato.
D’altro canto, tenete presente che una reazione a caldo non è sempre un buon metro per valutare la compatibilità di un insegnante. A volte i nostri sentimenti ‘più profondi’, quelli a cui diamo più credito, andrebbero presi con le molle. Quando incontrai il mio primo insegnante, che faceva capo alla tradizione di Gurdjieff, non mi piacque affatto. Sembrava molto autoritario e burbero e mi stuzzicava in continuazione. Ma ero molto interessato alla pratica, quindi restai con lui. A poco a poco mi accorsi che le mie prime impressioni non erano del tutto accurate; inoltre, lavorai sulla mia reattività nei suoi confronti, giungendo ad apprezzare le sue molte buone qualità.
Quando conobbi il mio secondo insegnante, un maestro zen, all’inizio mi sentivo un frequentatore occasionale, dato che non avevo impegni né e con lui né con la comunità. Ascoltai i suoi discorsi di Dharma per due anni senza capirci granché: abbondavano di enigmi zen ed erano più poetici che pragmatici. Ma anche stavolta ero molto interessato alla pratica, e a un certo punto i suoi discorsi iniziarono a fare breccia. Restai con lui molti anni.
In breve, la ricerca di un buon insegnante non è sempre facile e andare per tentativi è a volte la migliore politica. Comunque, se in un primo tempo può essere utile sperimentare diversi insegnanti o diverse tradizioni, dobbiamo tenere presente il rischio di mettere in atto i soliti meccanismi dell’insoddisfazione e del dubbio, o desiderio di evitare l’impegno. Perché la pratica si approfondisca è necessario prima o poi impegnarsi con un determinato insegnamento, se non proprio con un insegnante. Senza un impegno non svilupperemo mai il sincero legame affettivo che può fiorire nel rapporto fra insegnante e allievo, legame che nutre l’aspirazione spirituale come non possono fare, da soli, i libri o le parole.
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– Ezra Bayda (macrolibrarsi)
– https://en.wikipedia.org/wiki/Ezra_Bayda
– Fonte