Come un’improvvisa alluvione
può spazzar via un villaggio addormentato
così può la morte distruggere
quelli che cercano solo i fiori casuali
dei piaceri dei sensi.
(Dhammapada strofa 47)
Il Buddha amava i quieti boschetti di bambù, la cima delle montagne e raccomandava quei luoghi per coltivare la meditazione. Anche Mahakassapa, uno dei suoi maggiori discepoli, descrisse con versi eleganti il piacere di stare nella natura.
Questi esseri risvegliati prediligevano particolari condizioni, ma se si trovavano in ambienti meno piacevoli, non si lamentavano. Il loro viaggio interiore non veniva ostacolato se non erano appagate le loro predilezioni.
Il Buddha insegnò una via la cui meta chiamò lo stato del senza-morte, uno stato che possiamo realizzare se comprendiamo chiaramente la natura dei nostri sensi, la vista, l’udito, l’odorato, il gusto, il tatto e la cognizione. Dopo anni di radicale negazione del piacere dei sensi, il Buddha scoprì una via di mezzo tra l’indulgere e l’evitare. Questa via di consapevolezza sa perfettamente quando sorge il piacere sensoriale e impara anche dalle sensazioni di dolore. Nessuna posizione fissa.
(Con Metta, Bhikkhu Munindo. Ringraziamenti a Chandra per la traduzione, 28 aprile 2010, da Ajahn Munindo, Santacittarama)