Vi ripropongo una versione abbreviata – una sintesi – del “Canto di Mahamudra” del saggio tibetano Milarepa. Questi versi, ben al di là del loro valore culturale, nonché dell’indubbia magnificenza artistica, rappresentano, se interpretati e valutati correttamente, una sorta di minuscolo vademecum sulla meditazione.
“Quando medito su Mahamudra
(il praticante si esercita a rimanere nella condizione di non-separazione tra il soggetto che sperimenta, l’oggetto sperimentato e l’azione stessa di sperimentare)
Riposo senza conflitti nel mio vero essere.
Riposo nello spazio, senza distrazioni.
Dimoro nella chiarezza dello spazio di Vacuità.
Dimoro nella consapevolezza dello spazio di beatitudine.
Riposo tranquillo nello spazio non concettuale.
Nello spazio diversificato riposo in concentrazione.
Dimorando così, questa è la mente originale.
La ricchezza di certezza si manifesta senza fine.
Senza nulla fare la luminosità della mente è attiva.
Non fermato dall’attendere risultati, sto bene.
Senza dualità, senza speranza, senza paura!
Le afflizioni trasformate in saggezza
sono essere gioioso e luminoso”.
(A cura di Geshe Gedun Tharchin e dell’Istituto LamRim di Roma)
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– Buddha e Buddismo (macrolibrarsi)
– http://it.wikipedia.org/wiki/Milarepa
– Fonte